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Chi sempre inganni aspetta,
Alletta ad ingannar,

scrisse il più preciso e il più facile de’ nostri poeti. E per verità la è assai grande la tentazione che mettono questi Edipi, di far le parti della Sfinge, almeno con essi. Ma bisogna perdonar loro, e contentarsi del considerare che portano sempre con sè un carnefice molto crudele nella lor diffidenza. Non voglio per altro tacere uno spasso che sono solito di pigliarmi con cotestoro. Alle domande più semplici rispondo con certa aria d’imbarazzo, opportunissima a solleticare quella infelice inclinazione all’indovinamento. Essi Edipi, ed io assumo, se non il fraseggiamento, un poco almeno dei modi della Sfinge. Di dove venite? La risposta naturale sarebbe: dal caffè, dalla piazza, dalla casa di ser Lodovico. Ma bisogna contentar l’Edipo. Io?.. Donde vengo?.. Oh bella!.. Appunto... dal caffè. L’Edipo si raccoglie per interpretar la mia frase; l’ultimo fra i pensieri nei quali si fermi egli è ch’io ne venga dal luogo donde ne vengo di fatto; e quando incontri taluno che gli dica: l’ho veduto non ha guari, non crede, e va tra sè ripetendo: a me non si piantano di siffatte carote!

Non poca accortezza la è pur necessaria; e chi come spugna s’imbeve di tutto quello che ascolta merita di essere compianto non meno di chi come il sovero rimane buona pezza impermeabile ad ogni licore. Ma poichè siamo questa