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Le arti, depositarie a principio di tutto l’umano sapere, apparecchiano, dirò quasi, la greggia materia alle scienze, e que’ concetti che a stagione più tarda fanno irte le cattedratiche diceríe, sono a principio opera del pennello, o sotto poetiche forme allettano la giovinezza delle nazioni. A quell’età una mirabile congiunzione si manifesta nelle arti; infinita pittura nel poema di Dante, nei dipinti di Giotto infinita poesia. Le astrazioni metafisiche espresse dai colori e dal ritmo; nei poemi le formule aristoteliche, nei quadri le allegorie.

Ma, non foss’altro, possiamo ricorrere a quei libri e a quelle tele, come a storici monumenti, possiamo di là indovinare il popolo e la contrada pel quale e nella quale vennero immaginati. E tutto nei quadri del nostro pittore parla di Venezia e della sua grandezza; sicchè, ove tacessero le storie, subito intendereste dond’egli traesse le principali sue fantasie. Vedete come volentieri si diporta nella vista del mare, come volentieri colloca ne’ suoi dipinti le navi, e, sempre che possa, le fogge orientali, tanto a quei giorni frequenti in Venezia, e immagini varie di ricchezza e di pompa. E, o sia la storia di san Giorgio, o quella di sant’Orsola, o altra che vi vogliate, notate la profusa abbondanza di quegli arredi, di quelle vesti, di tutto quel ricco e mercantile costume che aveva dinanzi agli occhi. Non dirò con avventato giudizio, che appunto dal commercio de’ Veneziani nell’Oriente, e dal portar