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Ma l’ordine di coesistenza e di successione (ordine che si potrebbe dire di armonia e di melodia) nei movimenti celesti doveva, rivelandosi alla filosofia ellenica, preparare in essa una evoluzione ancor più profonda e più benefica di quella che già l’Astronomia aveva prodotto dal feticismo al politeismo. Non bastava sostituire agli idoli gli dèi, per rendere conto dell’accordo che regna in cielo. Pur separandosi ognor più, per l’aumentato senso della dignità umana, dai caratteri bestiali che l'uomo aveva loro attribuito nei primordi della civiltà, pure conformandosi con sempre maggior nobiltà al tipo più elevato di uomo che si andava svolgendo, gli dèi rimanevano sempre uomini, appassionati, violenti, discordi. Nell’Iliade come nell’Edda, sull’Olimpo come al Walhalla, le medesime ire, le medesime controversie, le medesime lotte, triste e lacrimevole immagine delle lotte fra uomini. Come conciliare il carattere di instabilità insito nel politeismo con quel concetto di unità che l'osservazione dei fenomeni celesti andava sempre più confermando nelle menti? Nello spazio come nel tempo le leggi degli astri appaiono coordinate fra loro e conducono il pensiero riluttante a riconoscere una volontà suprema che tutte le altre domina e reprime. 11 germe della forma monoteista è nato dovunque l’Astronomia abbia fatto progressi sufficienti per ricondurre a unità di disegno le cause, in apparenza svariate, dei fenomeni celesti. “Ogni nazione„, scrive Giacomo Leopardi, “ha avuto i suoi dèi particolari; ma il sole è stato