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di angelo poliziano | 133 |
All’opra, ch’io t’assisterò; l’impresa
Conforterò della presenza mia.685
Disse: e sparvero insiem la visïone19
E l’Itacense. Novamente il Vate,
Dal divino agitato estro de’ carmi,
Cantò i Greci nascosi entro le navi,
E del ligneo cavallo la gran mole,690
E di Sinone il tradimento; e Antíclo
D’Ortigia, a cui fu nella man serrata
La strozza per timor d’esser scoperti;
E Pergamo distrutta dalle fiamme,
E il naufragio dell’argiva flotta,695
E di Minerva il fulmine paterno,
E la solfurea vampa sprigionata
Dal seno fuori del trafitto Aiace;
E te, di Cafarèo capo funesto,
E gli ostili Ciconi, e i mangiatori700
Incipe; namque adero, et praesens tua coepta juvabo.„
Haec ait; et pariter somnusque Ithacusque recessit.
Ille, novo rursus musarum percitus oestro,
Concinit abiegnae Danaos compagibus alvi
Occultos, et equi molem, fraudemque Sinonis,435
Indiciique metu praeclusum pollice fauces
Anticlon ortygiden; populataque Pergama flammis;
Disjectasque rates, patriumque a Pallade missum
Fulmen; Oilidenque ignes et sulfura fixo
Pectore proflantem; teque, importune Caphareu;440
Nec faciles Ciconas; fortunatosque ciborum