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di angelo poliziano | 131 |
Come un giorno, sporgente, ma piagato
Di ferita letal; poiché l’avea18
La destra inconsapevole del figlio650
Con la punta venefica percosso
D’una marina tartaruga, quando
Lui per l’equoree immensità cercava,
Sia ch’ira degli Dei questo imponesse
O de’ fati volere. E disse:655
O grande,
Che tributi al valor premio condegno,
Che de’ secoli scuoti il lento oblío,
E il nome affidi agli anni piú lontani,
Forse in terra ed in mar travagli tanti
Io non sostenni ch’or la notte avvolge?660
Degna mercede tributata dunque
Non fia di gloria alle laudabil opre?
Poi che sebbene la virtú sia premio
A se medesma, nondimen soltanto
Debito onore alla virtú si spetta,665
Sed letale gerens vulnus; namque inscia nati
Dextera quaesitum per caerula vasta parentem
Protinus aequoreae viroso trigonos ictu
Perculerat, sive ira deûm seu fata jubebant.410
Atque ait:
“O magnae qui princeps debita laudi
Praemia persolvis, qui lenta oblivia saeclis
Excutis et seros famam producis in annos,
Anne tot exhaustos nobis terraque marique
Lethaeo mersos fluvio patiêre labores?415
Nec sua reddetur virtuti gloria merces?
Namque licet virtus semel contenta qiuescatFonte/commento: Barbèra, 1867,
Sola tamen justos virtus adsciscit honores,