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106 | le selve |
Né Teti, unica, piange il morto figlio:
Lascia di ascrivere a te sola quanto
È comune destino, e tutta questa195
Che ti circonda moltitudin vedi.
In ogni parte rinverrai per fermo
Compagni al duolo, e me tra questi ancora;
Poi che di Licia al re traversò il petto10
La saetta di Pàtroclo, e riverso200
Intra la polve lo lasciò morente.
Né dicevole cosa è tuttavia,
Se non òstino i fati, lo confesso,
Che sí fiera ti dolga, che mortali
Imenei sopportato abbia, o Nereide;205
Non fu soltanto l’apollineo dardo
Che strage seminò ne’ frigi campi
In mezzo ai figli delle Dive; uno anche
V’ha cui l’Aurora di Memnón la morte11
Imputar deve. Ed affinché dal seno210
Tu via discacci ogni affannosa cura
Flet Thetis una sui: communes desine casus
Adnumerare tibi; ac totam hanc circumspice turbam;
Scilicet invenies consortes undique luctus,
Me quoque in his; siquidem transegit opuntia cuspis125
Ductorem Lyciae, et moribundum in pulvere mersit.
Nec tu digna tamen (fateor), ni fata repugnent,
Quae tam saeva gemas, quae mortales hymenaeos,
Nerei, pertuleris: nec solus Apollinis arcus
Pignora divarum phrygiis tamen obruit arvis;130
Est etiam cui memnoniam Pallantias urnam
Imputet. Atque adeo tristes ut pectore curas