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facezie 47

LV

Di colui che portava l’aratro sulle spalle.


Un altro villano, che aveva nome Pietro, uomo molto rozzo, dopo aver arato fino a mezzogiorno, stancati i buoi, stanco egli stesso per la fatica, ritornava al borgo: legò l’aratro sull’asino, mandò innanzi i bovi ed egli stesso montò sull’asino. Ma questo, carico di troppo peso, stava per cadervi sotto. Allora il villano discese, prese su le sue spalle l’aratro, poi rimontò sull’asino, dicendo: “Ora potrai camminare, perchè non tu, ma io porto l’aratro.”


LVI

Elegante risposta di Dante poeta fiorentino.


Dante Alighieri, nostro poeta fiorentino, fu per qualche tempo ospitato a Verona da Can della Scala, principe molto liberale. Alla sua Corte teneva questi un altro Cane, fiorentino, ignobile uomo, e imprudente e ignorante, non ad altro buono che alla burla ed al riso, e alle sciocchezze del quale (non poteansi chiamare invero facezie) Cane si dilettava tanto, che lo arricchiva di doni. Dante, che era uomo dottissimo, sapiente tanto quanto modesto, disprezzava naturalmente costui come un animale sciocco. Un giorno quel fiorentino venne fuori a dirgli: “Com’è che tu sei tanto miserabile e mendico, tu che sei creduto saggio e dotto, mentre che io sciocco ed ignorante son ricco?” E Dante a lui: “Quando io troverò un signore che mi rassomigli ed abbia il mio costume, come tu ne l’hai trovato, questo mi farà ricco.” Grave e sapiente risposta! Chè sempre i signori si dilettano di coloro che li rassomigliano.