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viii | introduzione |
rato, è il segretario papale osservatore, che gode nel vedersi sfilar dinanzi la moltitudine variopinta; ed ecco marinai e cardinali, barbieri e vescovi, villani, pastori e montanari con cavalieri, monaci e preti, medici, avvocati, notai con cuochi, commedianti, ebrei, fanciulle, mogli, vedove, papi, pazzi, saltimbanchi, confessori, e vecchi, giovani, avari, sciocchi, usurai, meretrici, servi, buffoni, mendicanti, ricchi... quasi tutti presi dalla manía di burlare, di ridere, di godere; quasi tutti colti da erotismo continuo, guazzanti in turpiloquio sfacciato; qui tutto è nudo; e quasi sempre la nudità è laida, è ripugnante. E fra l’immensa tratta di gente volgare, trovi pur papa Martino e Bonifacio, e Dante, e Giannozzo e Bernabò Visconti, Facino Cane, Francesco Filelfo, Ugo da Siena, Nicolò D’Anagni, Antonio Lusco, Ridolfo di Camerino, e con loro Zuccaro e Gonnella. E fra il trescar delle lussurie ecco apparir santi e prodigi, bestie, mostri e diavoli. E la beffa non ha nazione: trovi spagnuoli, inglesi, alemanni, fiorentini, milanesi, veneziani, perugini, genovesi... Ogni grado, ogni classe, ogni lingua, ogni passione, oltre la venerea predominante: l’usura, l’invidia, l’odio, l’ipocrisia, l’idiotaggine... In una parola, una comicità oscena di bassa lega, che non va al di là della caricatura e che talora è più nella qualità del fatto che ne’ colori. È il mondo della sensazione fugace, che non si tramuta mai, purificandosi, nel sentimento.
Le Facetiæ, a non contar la diffusione grandissima orale e manoscritta, che avevan goduto durante la vita dell’autore, ebber presto quella della stampa. Abbiam qui sottocchio molti incunaboli o stampe rarissime e notizie delle Facetiæ. Le più antiche edizioni son tre e senza data e luogo; una ve n’è del 1470; una a Ferrara, dell’agosto del 1471; una