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introduzione vii

che antecedenti, sperse ne’ volumi di scienza demopsicologica) trova altri rapporti per esempio co’ Fabliaux, col Pontano, con le Fourberies de Sî Djeh’â, con le Plaisanteries de Nasr-Eddin-Hodia, con le Cent Nouvelles nouvelles e con altre fonti orientali e basche, con lo Speculum exemplorum, ecc. Io ne trovo con Rabelais, massime nel Libro terzo ove accoglie molti aneddoti, cònti, favole. Vedi fra gli altri l’Anneau de Hans Carvel (III, 28), che è tratto dalla Facetia 133 Visio Francisci Philelphi, cosí elegantemente ripresa poi dall’Ariosto nella V satira. Ricerche argute fecero anche su particolari Facetiæ il Novati intorno a Madonna Bambacaia, il Volpi su Pasquino da Siena rimatore, il Flamini, ecc. Il Grazzini poi può averlo conosciuto, ove si confronti la nov. 68 di Poggio con la novella I, 6 del Lasca, e la Facezia 102 con la novella IV della Prima Cena.

Insomma il libro di Poggio, composto cogli elementi migranti venuti d’ogni parte, di Francia, di Spagna, di Lamagna, com’egli confessa, e d’Oriente, è il più noto e diffuso fra le opere di lui. Ed è naturale. Esso è un piccolo Decamerone, ma senza un organismo, un filo, una tela: ogni novella ha un protagonista, e se pure il protagonista torna piú volte, è eroe sempre di un’azione che può star da sola. Sembra rispecchiare il costume di quel periodo complesso, nel quale la rinascita, dando le piú sottili raffinatezze al gusto, lasciava che la vita quotidiana corresse ancor fra la sensualità e l’ascetismo, la gioia del vivere e l’eleganza delle forme, senza intimità di pensiero. Manca non di meno nel libro la personalità del narratore e però la coesione del racconto; ma non cosí che nell’insieme la figura dell’artista non appaia nel profilo di satiro gaudente e burlone. Non è il lette-