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giati dietro le ragioni dei tempi, li destinò a rappresentare individualmente una data epoca, una data località: ad essere i simboli viventi delle qualità morali e politiche dell’età loro. La storia dirà se quel Lombardo che muore, sia un’espressione fedele delle attitudini morali del secolo duodecimo: come gl’Italiani d’oggigiorno potranno vedere se l’altro Italiano, che vien dopo a riscontro, renda immagine dello spirito e dei caratteri del secolo presente.

Vogliano i discreti condonare all’interesse dell’argomento la loquacità di questi ragguagli. Qual si è poi conoscitore dei nostri annali, se non trovasse a revocar, leggendo la memoria di questa luminosissima delle epoche italiane, quel compiacimento che provammo noi stessi ritraendola, queste linee sieno a lui per non iscritte. Chè noi crederemo tuttavia di non aver sciupata al tutto l’opera nostra, quando pur fossero di qualche opportunità a pochissimi tra i molti o i pochi, che leggeranno questa poesia; più lieti ancora, se mai saran seme che, anche ad un solo, fruttifichi il desiderio di conoscere per lungo e per largo la storia (che pur da ogni Italiano dovrebb’essere conosciuta) delle Repubbliche Italiane del medio evo del signor Sismondi, dalla quale abbiamo, per la maggior parte, compilati questi ragguagli. «Perchè niun popolo più di voi (gridava il Foscolo da ben oltre trent’anni agl’Italiani) può mostrare nè più calamità da compiangere, nè più errori da evitare, nè più virtù che vi facciano rispettare, nè più grandi anime degne d’essere liberate dall’obblivione.»

GLI EDITORI