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CANTO SECONDO 67

     La loro superbir semenza1 iniqua.
Erano in veste d’uman sangue rossa2;
     110Sangue e tabe grondava ogni capello,
     E ne cadea una pioggia ad ogni scossa.
Squassan altri un tizzone, altri un flagello
     Di chelidri e di verdi anfesibene3,
     Altri un nappo di tosco, altri un coltello:
115E con quei serpi percotean le schiene
     E le fronti mortali, e fean, toccando
     Con gli arsi tizzi, ribollir le vene.
Allora delle case infuriando
     Uscían le genti, e si fuggía smarrita
     120Da tutti i petti la pietade in bando.
Allor4 trema la terra oppressa e trita
     Da cavalli, da rote e da pedoni;
     E ne mormora l’aria sbigottita;
Simile al mugghio di remoti tuoni,
     125Al notturno del mar roco lamento,
     Al profondo ruggir degli aquiloni.
Che cor5, misero Ugon, che sentimento
     Fu allora il tuo, che di morte vedesti
     L’atro vessillo volteggiarsi al vento?
130E il terribile palco erto6 scorgesti,
     Ed alzata la scure, e al gran misfatto
     Salir bramosi i manigoldi e presti;
E il tuo buon rege7, il re piú grande, in atto
     D’agno innocente fra digiuni lupi,



126. Al lontano ruggir

    obliqua: torva. Orazio Ep. I, xiv, 37: Obliquo oculo mea commoda limat. Stazio Teb. III. 377: Respectentve truces obliquo lumine matrem.

    ragione adunque ne vengono qui introdotti gli spettri a pungere ed infiammare i non degeneri lor discendenti al maggior de’ delitti di cui potessero contaminarsi». Mt.

  1. semenza: discendenti. Dante Inf. x. 94: «Deh, se riposi mai vostra semenza...»: Par. ix, 2: «mi narrò gl’inganni Che ricever dovea la sua semenza».
  2. Erano ecc.: «Ecco un passo di Virgilio [En. VI, 570] che ci presenta dei tratti di molta somiglianza col pensiero del nostro poeta: Continuo sontes ultrix accincta flagello Tisiphone quatit insultans, torvosque sinistra Intentans angues, vocat agnina saeva sororum; le quali d’accordo percuotono le anime de’ condannati all’inferno nella guisa che fanno qui i Druidi le teste e le schiene de’ Francesi, onde porli in furore. Alla circostanza delle faci e delle serpi si è aggiunta anche quella de’ pugnali e de’ veleni per denotare il carattere sanguinario di questi barbari sacerdoti, e de’ piu barbari loro discendenti». Mt.
  3. chelidri... anfesibene: specie di serpenti. Cfr. Lucano Fars. IX, 708 e Dante Inf. xxiv, 86 e segg.
  4. Allor ecc.: Virgilio En. XII, 145: pulsuque pedum tremit excita tellus. Cfr. anche VII, 722. — trita: battuta.
  5. Che cor ecc.: Virgilio En. IV, 408: Quis tibi tunc, Dido, cernenti talia sensus? Quosque dabas gemitus?... Ariosto XXXVI, 7: «Che cor, duca di Sora, che consiglio Fu allora il tuo, che trar vedesti l’elmo Fra mille spade al generoso figlio, E menar preso a nave, e sopra un schelmo Troncargli il capo?» Cfr. anche Prometeo II, 850.
  6. erto: eretto.
  7. il tuo buon rege: