Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
66 | IN MORTE DI UGO BASSVILLE |
Di largo ad or ad or pianto segreto;
E l’ombra si stupía, quinci1 vedendo
Lagrimoso il suo duca, e possedute
Quindi le strade da silenzio orrendo.
85Muto de’ bronzi il sacro squillo, e mute
L’opre del giorno, e muto lo stridore
Dell’aspre incudi e delle seghe argute2:
Sol per tutto un bisbiglio ed un terrore,
Un domandare, un sogguardar sospetto,
90Una mestizia che ti piomba al core;
E cupe voci di confuso affetto,
Voci di madri pie3, che gl’innocenti
Figli si serran trepidando al petto;
Voci di spose4 che ai mariti ardenti
95Contrastano l’uscita e sulle soglie
Fan di lagrime intoppo e di lamenti.
Ma tenerezza e carità5 di moglie
Vinta è da furia di maggior possanza,
Che dall’amplesso coniugal gli scioglie.
100Poiché fera menando oscena danza
Scorrean di porta in porta affaccendati
Fantasmi di terribile sembianza;
De’ Druidi6 i fantasmi insanguinati,
Che fieramente dalla sete antiqua
105Di vittime nefande stimolati,
A sbramarsi venían la vista obliqua7
Del maggior de’ misfatti onde mai possa
- ↑ quinci... quindi: per una parte e per l’altra.
- ↑ seghe argute: «Cioè stridule, sonore, come arguto bosco, argute spole, arguti gridi; e precisamente argute seghe, ad esempio di Virgilio [Georg. I, 143]: Tunc ferri rigor, atque argutae lamina serrae». Mt.
- ↑ madri pie ecc.: Virgilio En. VII, 518: Et trepidae matres pressere ad pectora natos. Ariosto XXVII, 101: «Si strinsero le madri i figli al seno».
- ↑ Voci di spose ecc.: «Vedi il tenero ed appassionato atteggiamento di Andromaca, nel VI dell’Iliade, quando dissuade il marito dall’andare in battaglia; e l’altro di Creusa, nel II dell’Eneide, quando vuol trattenere Enea dal tornare fra i pericoli delle armi nella gran notte della ruina di Troia: Ecce autem complexa pedes in limine coniux Haerebat parvumque patri tendebat Iulum». Mt.
- ↑ carità: amore, Dante Inf. xiv, 1: «Poi che la carità del natio loco Mi strinse…»
- ↑ Druidi: «Erano costoro i sacerdoti, i maestri, i legislatori degli antichi Galli. Vivevano una vita ipocrita, ritirati nel fondo delle selve, ove dalla credula nazione venivano consultati. Adoravano il dio Eso e il Dio Teutate, ch’erano il Marte e il Mercurio de’ Romani; e le vittime piú gradite erano i prigionieri nemici, i cittadini, i fratelli e, qualche volta, le mogli e i figliuoli. Fra i tanti collegi in cui erano distribuiti per tutte quelle provincie, e fin anche per la Germania, il piú rinomato era quello di Marsiglia, ove celebravano in dati tempi le loro convenzioni. Cesare lo distrusse: e la descrizione che ne fa Lucano nel Libro III in versi animati dallo spirito di Virgilio, mette orrore e raccapriccio. Leggi il libro VI della Guerra gallica, e intenderai com’erano ingegnosi nell’essere scellerati e crudeli. Con tutta
- ↑
figura di similitudine; affermo solo che male sta quell’empiere i rai di pianto, perché se degli occhi si dice che piangendo si empiono di pianto, non è poi mica vero che altrettanto si possa dire de’ rai». Della V., p. 106.