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AL PRINC. DON SIGISMONDO CHIGI 25

     E lo fa tutto ribollir dal fondo;
     Or come immago di leggiadra amante,
     115Che di grato tumulto i sensi ingombra
     E serena sul cor brilla e riposa.
Ma piú quell’io non son1. Cangiaro i tempi,
     Cangiàr le cose. Della gioia estremo2
     Regnò sull’alma il sentimento: estremi
     120Or vi regnano ancora i miei martiri.
     E come stenderò su le ferite
     L’ardita mano, e toglieronne il velo?
     Una fulgida chioma al vento sparsa3,
     Un dolce sguardo ed un piú dolce accento,
     125Un sorriso, un sospir dunque potero
     Non preveduto suscitarmi in seno
     Tanto incendio d’affetti e tanta guerra4?
     E non son questi i fior, queste le valli,
     Che già parver si belle agli occhi miei?
     130Chi di fosco le tinse? e chi sul ciglio
     Mi calò questa benda? Oimè! l’orrore
     Che sgorga di mia mente e il cor m’allaga,
     Di natura si sparse anche sul volto
     E l’abbuiò. Me misero! non veggo
     135Che lugubri deserti; altro non odo
     Che urlar torrenti e mugolar tempeste5.
     Dovunque il passo e la pupilla movo,
     Escono d’ogni parte ombre e paure,
     E muta stammi e scolorita innanzi
     140Qual deforme cadavere la terra.
     Tutto è spento per me. Sol vive eterno
     Il mio dolor, né mi riman conforto
     Che alzar le luci al cielo e sciormi in pianto.
     Ah che mai vagheggiarti io non dovea,
     145Fatal beltade! Senza te venuto
     Questo non fòra orribil cangiamento.
     Girar tranquilli6 sul mio capo avrei
     Visto i pianeti e piú tranquilla ancora

  1. 117. Ma piú ecc.: Massimiano: Non sum qui fueram: periit pars maxima nostri, che anche il Foscolo imitò o, meglio, tradusse nel sonetto «Non son chi fui ecc.». E il Petrarca P. I, son. 194: «i’ non son piú quel che già fui».
  2. 118. estremo: nel massimo grado.
  3. 123. Una fulgida ecc.: Petrarca P. I, son. 61: «Erano i capei d’oro a l’aura sparsi». Tasso III, 21: «E, le chiome dorate al vento sparse, Giovane donna in mezzo ’l campo apparse n.
  4. 127. guerra: Quante volte il Petrarca chiama guerra il suo stato amoroso? Cfr. P. I, canz. vii, 22; canz. xii, 33; canz. xvii, 111 ecc. ecc.
  5. 136. Gli stessi sentimenti ridestava il tornar della primavera nel Petrarca (P. II, son. 42): «E cantare augelletti, e fiorir piagge, E ’n belle donne oneste atti soavi, Sono un deserto, e fere aspre e selvagge».
  6. 147. Girar tranquilli ecc.: trascorrer gli anni,