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CANTO TERZO 281

     Da boreal tempesta1 la ruina
     Scenderà de’ tuoi campi; ma del pari
     Un’alma boreal, calda e ripiena
     570Del valor d’occidente, al tuo bel regno
     Porterà la salute. E poi di nuovo
     (Ché tal de’ fati è il corso) alto squallore
     Lo coprirà: né zelo2, arte o possanza
     Di sommi sacerdoti all’onor primo
     575Interamente il renderan, ché l’opra
     Immortal, glorïosa ed infinita
     Ad un piú grande eroe serba il destino.
     Lo diran Pio le genti, e di quel nome
     Sesto sarà.   .   .   .   .   .   .   .   
     580.   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   

    Impiagheranno: fenderanno. Cfr. v. 13 e segg., p. 47.

  1. Da boreal tempesta ecc.: «Era naturale che per lo irruzioni de’ Barbari, che posero a soqquadro ogni cosa dell’Impero romano, anche i campi pontini restassero nuovamente sommersi dall’acque. Però, essendo re d’Italia Teodorico, di nazione ostrogoto, un illustre discendente dai Decii, per nome Cecilio Mauro Basilio Decio (di cui altri legge i due primi nomi così Cecina Mavortio o Massimo), si offerse a lui d’asciugare quei terreni e di ridonarli alla coltivazione. L’offerta venne accolta coll’onore che meritava; e l’opera fu condotta a termine in ogni sua parte perfettamente. Vedi Vetus Latium lib. II, cap. 16». Mg.
  2. né zelo ecc.: «Quanto durasse il bonificamento delle terre pontine procurate da Decio sotto gli auspicii di Teodorico, non è noto. Le acquo però tornarono quando che fosse a impadronirsi di que’ luoghi, che mai non poterono esserne liberati daddovero, per quanto vi rivolgessero le loro cure Bonifazio VIII, Martino V, Eugenio IV ed i suoi successori fino ad Alessandro VI, Leone X, Sisto V, Innocenzo XII, Clemente XI, Clemente XIII, ecc.: ognuno dei quali, sia col mandare ad effetto alcuni lavori, sia col farne soggetto di serie considerazioni, o tentò o desiderò almeno di tentare la difficilissima impresa. Niuno però dei pontefici andò in essa piú oltre di Pio VI, il quale non lasciò intatto alcun mezzo per ridurre a termine un’opera in cui riponeva una dello maggiori glorie del suo principato». Mg.