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CANTO SECONDO | 263 |
490E l’illustre per salda intatta fede
Erculea Norba1, a cui di cento greggi
Biancheggiavano i colli. E tu cadesti,
Cora2 infelice; e nelle tue ruine
Le ceneri perîr sante del primo
495Ausonio padre3; né potêr giovarti
Di Dardano i Penati, né degli almi
Figli di Leda la propizia stella
Che all’aprico tuo suol dolce ridea.
Voi sole a terra non andaste, o sacre
500Ansure mura; ché di Giove amica,
Vi sostenne la destra, e la caduta
Non permise dell’ara, ove tremenda
Riposava la folgore divina.
Sentí di voi pietade il dio, di voi;
505E non sentilla delle bianche chiome
D’Alcon, d’Alcone il piú giusto, il piú pio
Dell’ausonia contrada. Umilemente
Al suol messo il ginocchio, il venerando
Veglio tenea levate al ciel le palme;
510E a canto in quel medesmo atto composti
Gli eran due figli in vista4 sí pietosa,
Che fatto avría clementi anco le rupi.
Quando venne un tremor che vïolento
Crollò la casa pastorale, e tutta
515In un subito, ahi!, tutta ebbe sepolta
L’innocente famiglia. Unico volle
La ria Parca lasciar Melampo in vita,
Raro di fede e d’amistade esempio.
Ei, rimasto a plorar su la rovina,
520Fra le macerie ricercando a lungo
Andò col fiuto il suo signor sepolto,
Immemore del cibo, e le notturne
Ombre rompendo d’ululati e pianti:
Finché quarto egli cadde, e non gl’increbbe,
525Piú dal dolor che dal digiuno5 ucciso.
- ↑ 490. E l’illustre ecc.: Norba, che si diceva fondata da Ercole e sorgeva ne’ monti tra i fiumi Astura e Ninfeo: fu sempre fedele a Roma.
- ↑ 493. Cora (cfr. la nota al v. 611, c. I) si disse fondata da Dardano. Cfr. Plinio St. Nat. III, 5. Aveva un famoso tempio dedicato a Castore e a Polluce.
- ↑ 494. del primo ausonio padre: Da certi monumenti si può dedurre che a Cora fosse anche un tempio «in onore di Giano, cui gli antichi italiani invocavano col nome di padre (vedi Virgilio En. VIII, 357), e sotto il cui regno, scrive Macrobio (Saturn., lib. I, cap. 9), tutte le case furono munite di religione e di santità, onde gli vennero decretati onori divini». Mg.
- ↑ 511. in vista ecc. cfr.: v. 138, c. II Bass.
- ↑ 525. Piú dal dolor ecc.: Dante Inf. xxxiii, 75: «Poscia piú che il dolor poté il digiuno».
a Cora e ad Artena. Cfr. Corradini Vetus Latium II, 16.