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256 | LA FERONIADE |
Di pallid’oro le tremende facce,
E d’argento le chiome e i vestimenti.
Del narciso d’Averno incoronate1
220Van le rigide fronti, e un cotal misto
Mandan di riverenza e di paura,
Che l’occhio ne stupisce e il cor ne trema.
Dell’industre Vulcan l’opra tal era,
Mirabile, immortale. Affumicato
225E in gran faccenda l’indefesso iddio
Di qua di là scorrea per la fucina,
Visitando i lavori e rampognando
I neghittosi: con le larghe pale2
Altri il carbon nelle fornaci infonde
230Scintillanti e ruggenti: altri, con rozze
Cantilene molcendo la fatica,
Dà il fiato e il toglie ai mantici ventosi,
Ché trenta ve n’avea di ventre enormi3:
Qual su l’incude le roventi masse
235Del metallo castiga4, e qual le tuffa
Nella fredda onda, che gorgoglia e stride.
Rimbomba la caverna; e dalle fronti
Di quei fieri garzoni in larga riga
Va il sudor per le gote e le mascelle
240Sui gran petti pelosi. In questo mezzo
S’appresentò la veneranda Giuno
Nella negra spelonca, e parve il fulgido
Volto del sole che fra dense nubi
Improvviso si mostra5. E Bronte, il primo
245Che la vide venir, diè segno agli altri
Di sostarsi e cessar per lo rispetto
Della moglie di Giove. Udí Vulcano
Della madre l’arrivo, e frettoloso,
Fra tanaglie e martelli e sgominate
250Di metalli cataste zoppicando,
Le corse incontro: e, presala per mano,
Di fuliggine tutta le ne tinse
La bianca neve. Prestamente quindi
Le trasse innanzi un elegante seggio,
- ↑ 219. Del narciso ecc.: cfr. la nota al v. 44, p. 98.
- ↑ 228. con le larghe pale: cfr. Virgilio Georg. IV, 170 e segg.
- ↑ 233. Ché trenta ecc.: «Omero nel decim’ottavo dell’Iliade (v. 470) mette venti mantici a soffiare nella fornace di Vulcano, quand’egli si fa a fabbricare le armi di Achille. Callimaco nell’Inno a Diana e Virgilio nell’ottavo dell’Eneide [v. 416 e segg.], descrivendo anch’essi con ogni bellezza di poesia le fucine di Vulcano, non determinano il numero de’ mantici». Mg.
- ↑ 235. castiga: corregge, perfeziona.
- ↑ 242. e parve il fulgido ecc.: Dante Par. xxiii, 79:
al v. 48, p. 99.