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CANTO SECONDO 249

piarono in orrendo terremoto (361-452), tutte sommergendo le città, tranne Ansuro, protetta da Giove (453-503). Il quale però non ebbe pietà del vecchio e giusto Alcone, cui seppellí, insieme alla famiglia, sotto le proprie rovine il tetto della casa crollata: solo superstite il fedel cane Melampo, ucciso poi anch’esso, entro quattro dí, piú dal dolore, che dal digiuno (504-534).

Già tutto di Feronia era il bel regno
     In orrenda converso atra palude
     Che pelago parea; se non che rara
     Dell’ardue torri e dell’aeree querce,
     5Non vinte ancor, l’interrompea la cima.
     E già su le placate onde leggieri
     Spiravano i Favonii1, e in curvi solchi
     Arandole frangean sovra le molli
     Crespe dell’acque la saltante luce:
     10Quando di Circe la scoscesa balza
     L’aspra Giuno salí. L’occhio rivolse
     Alla vasta laguna, e, tutta intorno
     La misurando con superbo sguardo,
     Sorrise acerba su la sua vendetta.
     15Ma, vista su la rupe in lontananza
     Dall’incremento delle spume ultrici
     Pur anco intatta alzar la fronte alcuna
     Delle volsche città, che ree del culto
     Dell’abborrita sua rival si fêro,
     20Ed illeso agitar l’argute frondi
     Non lungi il bosco di Feronia, il bosco
     Che prestò l’ombra ai mal concessi2 amori;
     Risorger si sentí l’ire nel petto
     Già moribonde; e poi che v’ebbe alquanto
     25Fisso il torbido sguardo, in cor sí disse:
     Io desister dall’opra3, e del mio scorno
     Patir che resti un monumento ancora?
     Già non fui sí pietosa inverso Egina4
     E la stirpe di Cadmo abbominata5;
     30Ché per quella mandai carca di fiera
     Peste la morte su l’enopia terra;
     E sostenni per questa entro le case
     Scendere io stessa dell’eterno pianto6,

  1. favonii: venti primaverili, detti anche zefiri.
  2. mal concessi: concessi da Feronia a proprio danno. Cfr. la nota al v. 23, p. 63.
  3. Io desister dall’opra...?: Virgilio En. I, 37: Mene incepto desistere victam?
  4. Egina: Eaco chiamò cosí dal nome di sua madre, che l’aveva generato di Giove l’isola di Enopia, che però fu devastata da una terribile pestilenza per opera di Giunone. Cfr. Ovidio Metam. VII, 524.
  5. E la stirpe ecc.: cfr. la nota al v. 4, p. 201.
  6. le case... dell’eterno pianto: il Tar-