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230 | LA FERONIADE |
D’armena stirpe, che con gli aurei figli
Gli contende superbo i primi onori;
Perocché dai regali orti sconfitti
220Dell’atterrata Cerasunte ancora
Quel fiammante rival giunto non era1,
Che, di corpo minor ma di piú viva
Porpora acceso, avría lor tolto un giorno
E di bellezza e di dolcezza il vanto.
225Ma stillante piú ch’altri ibleo2 sapore
L’onor dispiega di sue larghe chiome
Il calcidico fico3; il cui bel frutto,
Se verace è la fama, alle celesti
Mense sol noto, fra’ mortali addusse4
230E a Fitalo donò la vagabonda
Cerere, allor che tutta iva scorrendo
La terra in traccia della tolta figlia.
All’apparir della divina pianta
Di molte forme e molti nomi altera
235Tutte esultâr le rive; e Cipro e Chio
E gli orti ircani e i misii5 e il verde Egitto
E la gran madre d’ogni bella cosa,
L’itala terra, con attento amore
La coltivaro; e de’ suoi dolci pomi6,
240Solo a Serse e a Cartago7 agri e funesti,
Fêr gioconde le mense anche piú vili.
Né te, quantunque umíl pianta vulgare,
- ↑ 219. Perocché ecc.: «Lucullo, debellato Mitridate re del Ponto ed atterrata la città di Cerasunte, portò in Italia l’albero che da essa fu detto in latino Cerasus e che da noi viene chiamato Ciriegio. Così Plinio, lib. XV, cap. 25. Servio però nel commento al v. 18 del lib. II delle Georgiche scrive che anche prima di Lucullo eran note in Italia le ciriege, se non che erano di una qualità piú dura e chiamavansi cornum; onde poi, mischiando i nomi, vennero dette cornocerasum». Mg. Cfr. anche Ateneo Dipnos. II, 11.
- ↑ 225. ibleo: dolce come miele. Cfr. la nota al v. 75, p. 196.
- ↑ 227. Il calcidico fico: «Moltissimi sono gli aggiunti che si danno ai fichi secondo la varietà de’ luoghi da cui provengono o le differenze loro individuali. Cfr. Plinio St. N. XV, 29; Macrobio Saturn. III, 20; Ateneo Dipn. III, 2 e seg. Il fico calcidico produce, secondo Plinio, i suoi frutti fino tre volte l’anno; e perciò dal poeta è qui nominato di preferenza, siccome il principale della specie». Mg.
- ↑ 228. alle celesti ecc.: «Cerere, nelle sue lunghe e penose peregrinazioni in traccia della figlia, fu accolta ospitalmente in un borgo dell’Attica detto de’ Lacidi. da un certo Fitalo; al quale essa in ricompensa dell’ospizio fece dono dell’albero del fico, le cui frutta prima erano note soltanto alle mense degli dei». Mg. Cfr. Pausania Attica XXXVII, 2.
- ↑ 236. ircani e misii: dell’Ircania, provincia antica dell’Asia al mezzodí del mar Caspio, e della Misia, provincia al nord-ovest dell’Asia minore.
- ↑ 239. pomi: frutti (lat).
- ↑ 240. a Serse: «Serse figlio di Dario, volendo vendicare le sconfitte che suo padre aveva ricevuto dai Greci, giurò che non avrebbe mai gustato de’ fichi dell’Attica che portavansi a vendere in Persia, finché non avesse in suo potere la terra che li produceva (Plutarco, Apophteg.). Temistocle ed Aristide gli fecero però costar care le suo millanterie». Mg. — e a Cartago: Catone il Censore fece che Roma non fosse quieta se non dopo distrutta Cartagine, portando in senato un fico primaticcio spiccato soli tre giorni prima nel territorio di quella città; e dimostrando in tal modo che il nemico
ci è provenuto». Mg.