Pagina:Poesie (Monti).djvu/244

228 LA FERONIADE

     Non conceduta, e sol dal saggio intesa?
     (Ché al volto corruttor d’ogni favella
     Parlar la lingua degli dei non lice).
     160Se là di Circe fra le mandre Ulisse
     Non stampò di ferine orme il terreno,
     Di questa erbetta e del suo latteo fiore
     Alla virtú si dee: parlante emblema1,
     Del cui velo copría l’antico senno
     165La temperanza, che de’ turpi affetti
     Doma il poter. Di questo portentoso
     Vegetante, fra noi, siccome è grido,
     Di Maia il figlio dal natio Cillene2
     La tenera portò bruna radice;
     170E dell’accorto dio fu degno il dono:
     Con questa ei tutti della maga i filtri
     Contra l’itaco eroe fece impotenti.
     E il suo bel fior, che da non casta mano
     Sdegna esser tocco, di Feronia poscia
     175Dolce cura divenne, che di mille
     Felici erbette gli fe’ siepe intorno;
     Altre d’eterno verde, altre dotate
     Di medica virtude, onde il furore
     Placar de’ morbi, addormentar le serpi
     180E sanarne i veleni; altre che il sonno
     Inducono benigne, il dolce sonno
     Degli afflitti sí caro alle palpebre3.
     E tal di tutte un indistinto uscía
     Soave olezzo4 che apprendeasi al core.
185Che di mille dirò scelti arboscelli
     Lieti a dovizia di nettarei frutti
     E di fiori e di chiome, in cui natura


185-297. Che di mille dirò scelti arboscelli, Qual d’arabo linguaggio e qual d’assiro, Che dall’inclita ninfa or con leggiadra Arte confusi come selva e or posti In bei filari come stral diritti Rallegrano di molli ombre i sentieri? E tal di tutti un’indistinta usciva Temperanza d’odor che di dolcezza Rapía le nari ed apprendeasi al core. A dir di tutti la favella è poca Del sacrato Elicon. Di tanti un solo Dunque cantiamo, il solo arbor felice Che di Media ne venne, e del cui frutto (Se fede acquista di Maron la Musa) Medicame non avvi il piú possente Contro l’orrendo murmure segreto Delle madrigne, allor che dispietate Empion le tazze di nocenti sughi.


    Moli i Numi lo chiamano»: Omero Odiss. trad. Pindemonte X. 395) servì ad Ulisse a sciogliere gl’incanti di Circe. Cfr. la nota al v. 278, p. 19.

  1. 163. emblema ecc.: simbolo della temperanza.
  2. 168. Di Maia ecc.: Mercurio, nato, sul monte Cillene in Arcadia, di Giove e Maia.
  3. 182. Degli afflitti ecc.: «de’ mortali Egri conforto, oblio dolce de’ mali». Casa, son. Al sonno.
  4. 183. un indistinto.... olezzo: È l’«incognito indistinto»