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SERMONE SULLA MITOLOGIA 217

     205Malïarde del norte1. Ed or che brilla
     Nel tuo larario2 d’Imeneo la face,
     Di Citerea le veci adempi, e desta
     Ne’ talami del figlio, allo splendore
     Di quelle tede3, gl’innocenti balli
     210Delle Grazie mai sempre a te compagne.



    il mar di Giano: il mare di Genova, che dissero fondato da Giano.

  1. 205. Malïarde del norte: le streghe della poesia romantica del settentrione.
  2. 206. larario: la cappelletta degli dei Lari nella casa stessa. Cfr. la nota al v. 221, p. 207.
  3. 209. Di quelle tede: delle faci nuziali.




PEL GIORNO ONOMASTICO

DELLA MIA DONNA TERESA PIKLER


Contenuto: Donna, parte di me piú cara, perché mi guardi con occhi lagrimosi? Certo per l’eccesso dei mali che mi tormentano: ma datti pace, ché, quando io muoia (e sarà presto), non morrò tutto intero, e a te sarà vanto, fra le donne italiane, il poter dire che fosti da me amata (1-22). Anche ti consolerà il ricordare che ogni spirito gentile compianse a’ miei mali; ma tieni per fermo che chi desidera lunga vita, non cerca che un lungo soffrire (23-29). O mia sposa, o mia figlia, che mi siete l’unico conforto a tante sventure, non andrà molto ch’io morirò; ma non piangete a lungo per me: non altro che il vostro dolore mi graverà nel partirmi da questo mondo malvagio, per passare a quello de’ ben vissuti (29-45). Quivi t’aspetterò, o moglie, lodandomi della tua pietà co’ beati, i quali, per le tue virtú, pregheranno Dio che conceda giorni sempre lieti e sereni a te e agli amici, specialmente al mio ospite amato, che mi fa fede come trovi davvero un tesoro chi ritrova un amico (46-64). — Questi versi furono composti nell’ottobre del 1826 e pubblicati subito nel tomo XLIII della Biblioteca italiana, p. 426. A proposito de’ quali e d’altri d’affetti intimi, scrive, con bella immagine, lo Zumb. (p. 250): «Cosa veramente notabile: la vecchiezza, non che inaridisse la vena dell’affetto, anzi la fece piú abbondante... Cosí, negli ultimi anni del suo vivere, egli era l’aquila che, stanca di tanti arditissimi voli, stanca di alzar le penne fino al sole o di mescersi coi nembi e le procelle, ritornava al nido per riposarvisi, chiudendo le grandi ali sul capo dei suoi cari». — Teresa, figlia di Giovanni Pikler, oriundo tirolese, valentissimo incisore di pietre dure (Cfr. Gherardo De’ Rossi: Vita del cav. G. P.: Roma, Paglierini, 1792), e di Antonia Selli, romana, nacque in Roma, sotto la parrocchia di S. Lorenzo in Lucina, il 3 giugno 1769. Fidanzata al M. prima della morte del padre (avvenuta per febbre maligna il 25 genn. 1791, nell’età di 54 anni), ebbe dal poeta, con atto legale del 10 maggio dello stesso anno, «donazione irrevocabile» di tutti i beni di lui. Lo sposalizio avvenne, in forma privatissima, la mattina avanti giorno del 3 luglio susseguente, nella chiesa predetta di S. Lorenzo. «Nessun verso gratulatorio, scrive il Vicchi (VII, 22), fu stampato, nemmeno dagli amici della bella e fortunata sposa, per il matrimonio del piú gran poeta dell’età. Di carmi