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216 | SERMONE SULLA MITOLOGIA |
Vien1, ché tutta per te fatta piú viva
Ti chiama la natura. I laghi, i fiumi,
Le foreste, le valli, i prati, i monti,
E le viti e le spiche e i fiori e l’erbe
175E le rugiade, e tutte alfin le cose
Da che fur morti i numi onde ciascuna
Avea nel nostro immaginar vaghezza
Ed anima e potenza, a te dolenti
Alzan la voce e chieggono vendetta.
180E la chiede dal ciel la luna e il sole
E le stelle, non piú rapite in giro
Armonïoso e per l’eterea volta
Carolanti, non piú mosse da dive
Intelligenze2, ma dannate al freno
185Della legge che tira al centro i pesi3;
Potente legge di Sofia, ma nulla
Ne’ liberi d’Apollo immensi regni,
Ove il diletto è prima legge e mille
Mondi il pensiero a suo voler si crea.
190Rendi dunque ad Amor l’arco e gli strali4,
Rendi a Venere il cinto5; ed essa il ceda
A te, divina Antonietta, a cui
(Meglio che a Giuno nel meonio6 canto)
Altra volta l’avea già conceduto,
195Quando novella Venere di tua
Folgorante beltà nel vago aprile
D’amor l’alme rapisti, e mancò poco
Che lungo il mar di Giano7 a te devoti
Non fumassero altari e sacrifici.
200Tu, donna di virtú, che all’alto core
Fai pari andar la gentilezza e sei
Dolce pensiero delle Muse, adopra
Tu quel magico cinto a porre in fuga
Le danzanti al lunar pallido raggio
175-79. E tutte al fine le create cose, De’ loro iddii spogliate, a te dolenti Alzan la voce
181-84. E le stelle, non pia mosse da dive Intelligenze, ma dannate al freno
189. a suo piacer vi crea.
196-97. nel caro aprile D’Amor l’alme rapivi
200-204. Or tu, reina d’ogni cor gentile E dolce cura delle Muse, adopra Questo magico cinto a porre in fuga
- ↑ 171. Vien ecc.: cfr. Leopardi Alla prim., 81 e segg.
- ↑ 183. da dive intelligenze: dagli angeli. Cfr. Dante Par. ii, 127 e segg.
- ↑ 185. Della legge ecc.: cfr. la nota al v. 121, p. 35.
- ↑ 190. Rendi ecc.: cfr. v. 5 e segg.
- ↑ 191. il cinto: cfr. la nota al v. 7.
- ↑ 193. meonio: cfr. la nota al v. 121, p. 45.
- ↑ 198.
mostra men, tanto è più bella».