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ALLA MARCHESA MALASPINA DELLA BASTIA 45

     A quel divino rideran le luci,
     115Ed Anna Malaspina andrà per l’ombre
     Ripetendo d’Eliso, e fia che dica:
     — Perché non l’ebbe il secol mio! memoria
     Non sonerebbe sí dolente al mondo
     Di mie tante sventure. E, se domato
     120Non avessi il livor1 (che tal nemico
     Mai non si doma, né Maron lo vinse
     Né il meonio cantor2), non tutti almeno
     Chiusi a pietade avrei trovato i petti.
     Stata ella fôra tutelar mio nume
     125La parmense eroina; e di mia vita,
     Ch’ebbe dall’opre del felice ingegno
     Sí lieta3 aurora e splendido meriggio,
     Non forse avrebbe la crudel fortuna
     Né amor tiranno4 in negre ombre ravvolto
     130L’inonorato e torbido tramonto.


123. Chiusi a pietade trovato avrei [sic] i petti.
128-130. Non forse allora la crudel fortuna D’ombre sí nere e tempestose cure Avvolto avrebbe il torbido tramonto.


  1. 120. il livor: l’invidia per la quale e colla quale fu perseguitata, al suo primo apparire, la Gerusalemme dal Salviati e compagni.
  2. 121. Accenna ad Aristarco (220-150 circa av. C.) e a Numitorio. Carvilio Pittore, Perellio Fausto, Mevio ecc.. critici acerbi l’uno di Omero (detto meonio o dalla Meonia - Lidia - o da Meone suo padre); gli altri, di Virgilio.
  3. 127. Sí lieta ecc.: La lieta aurora è il tempo de’ primi studi e del Rinaldo; lo splendido meriggio, della maturità dell’ingegno e dell’Aminta e della Gerusalemme; il torbido tramonto, degli ultimi anni infelici e della Conquistata.
  4. 129. amor tiranno: par qui alludere al vero o leggendario amore di lui per Eleonora d’Este.


INVITO D’UN SOLITARIO AD UN CITTADINO

Contenuto: Tu che vivi giorni dolorosi nelle corti, vieni fra questi boschi e sarai beato (1-4). Qui né pianto d’afflitti, né rumori d’armi: sola legge la natura, che saggiamente ci ammaestra con le piú piccole cose (5-36). Vieni dunque e fuggi le empie città, fuggi i pericoli e gli orrori dei sollevamenti politici, oggi, in ispecie, che i Francesi sgomentano le genti con le armi e co’ pensieri e tentano perfino di distruggere Dio (37-60): ma egli e lí lí per vendicarsi di tanti delitti e di tanta audacia (61-61). — Quest’ode fu composta nella fine del ’92 e «dapprima, afferma il Ticchi (VII, p. 62), non girò che manoscritta». Certo venne pubblicata solo l’anno appresso nelle note all’edizione che della Bassvilliana fece il Salvioni in Roma. — Chi fosse il cittadino che il p. invitava nella solitudine in cui era o si fingeva, non si ea, nemmeno per ipotesi. — Il metro è il saffico, rimato secondo questo schema ABBa: ma del saffico latino non conserva piú nulla, perché i primi