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214 | SERMONE SULLA MITOLOGIA |
Or che giacquer Nettunno e Giove e Pluto
Dal vostro senno fulminati, ei sono
120Nomi e concetti di superbo riso,
Perché il ver non v’impresse il suo sigillo,
E passò la stagion delle pompose
Menzogne achèe1. Di fé quindi piú degna
Cosa vi torna il comparir d’orrendo
125Spettro sul dorso di corsier morello
Venuto a via portar nel pianto eterno
Disperata d’amor cieca donzella,
Che, abbracciar si credendo il suo diletto,
Stringe uno scheltro spaventoso, armato
130D’un orïuolo a polve e d’una ronca;
Mentre a raggio di luna oscene larve
Danzano a tondo, e orribilmente urlando
Gridano: pazïenza, pazïenza2.
Ombra del grande Ettorre, ombra del caro
135D’Achille amico3, fuggite, fuggite,
E povere d’orror4 cedete il loco
Ai romantici spettri. Ecco, ecco il vero
Mirabile dell’arte, ecco il sublime.
Di gentil poesia fonte perenne
140(A chi saggio v’attigne), veneranda
Mitica dea5! Qual nuovo error sospinge
122-4. E passò la stagion delle menzogne. Di fé quindi piú degno e piú gentile Pensier vi torna il comparir d’orrendo
131. immonde larve
136. cedete il campo
139. di spirti febei fonte perenne
141. Qual nuovo error conduce
- ↑ 122. E passò ecc. Bellissimo verso.
- ↑ 124. il comparir ecc.: Accenna all’Eleonora, famosa novella romantica di G. A. Bürgher, che tradussero in italiano Giovanni Berchet e, recentemente, Antonio Zardo (Ballate di Bürgher ecc. tradotte da A. Z.: Milano Hoepli, collezioncina diamante, p. 15), della traduz. del quale reco qualche verso nel sunto che, per la piena intelligenza di questo luogo, do della novella. Eleonora aspetta invano il ritorno dell’amante Guglielmo, partito soldato con Federico il Grande a Praga; tanto che, disperata, non ostante le preghiere e gli scongiuri della madre, impreca al mondo, alla vita e persino a Dio. Quand’ecco, venuta la notte, giunge all’improvviso un cavaliere, su cavallo morello, che le pare Guglielmo, e le dice: «Oggi il talamo entrambi ci aspetta Cento miglia lontano di qua». Ella si veste in fretta, monta sul cavallo, e col cavaliere va, va e giungono, in fine, ad un cimitero. «Ecco, orrendo prodigio, siccome Fracid’esca, a brandelli, l’usbergo Sovr’il petto, sui fianchi, sul tergo Improvviso al guerrier si sfasciò. Il suo capo in un teschio si muta, In ischeletro il corpo si solve; L’una man l’oriüolo da polve, L’altra mano la falce mostrò.... Di terror Leonora percossa, Fra la morte e la vita lottò. Tutte a raggio di luna le larve Intrecciaron la ridda, e con voci Spaventose, con urli feroci, «Pazïenza, pazïenza» gridar. «S’anco il core pel duol ti si spezza, Non lottar col Signore. Or che giace Senza vita il tuo corpo, la pace Voglia il cielo allo spirto donar».
- ↑ 135. D’Achille amico: Patroclo.
- ↑ 136. E povere d’orror: e poi che non siete orribili, com’oggi si vuole.
- ↑ 141. Mitica dea: la Mitologia.
Pluto ecc.: cfr. la nota al v. 405, p. 111.