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138 IN MORTE DI LORENZO MASCHERONI

     Di delfica manía, vate piú destro
     La calunnia a filar che il sillogismo;
Vile! e tal altro del rubar maestro1
     200A Caton si pareggia, e monta i rostri
     Scappato al remo e al tiberin capestro.
Oh iniqui! E tutti in arroganti inchiostri
     Parlar virtude, e sé dir Bruto e Gracco,
     Genuzii essendo, Saturnini e mostri2.
205Colmo era in somma de’ delitti il sacco;
     In pianto il giusto, in gozzoviglia il ladro,
     E i Bruti a desco con Ciprigna e Bacco3.
Venne il nordico nembo4, e quel leggiadro
     Viver sommerse5: ma novello stroppio
     210La patria n’ebbe e l’ultimo soqquadro6.
Udii di Cristo i bronzi suonar doppio7
     Per laudarlo, che giunto era il tiranno:
     Ahi! che pensando ancor ne fremo e scoppio.
Vidi il tartaro ferro e l’alemanno8

    cfr. Vicchi VIII, p. 175 e segg., che dà anche un saggio bibliografico su le opere di lui. Cfr. pure la Raccolta delle poesie di F. Gianni: Milano, Silvestri, 1807. — che tutto ecc.: ch’è tutto invasato da mania poetica.

  1. 198 tal altro ecc.: Vuol dire Giuseppe Lattanzi, nato a Nemi nel 1762 e morto in Roma nel 1822. Ne’ protocolli di governo della Lombardia 1817, n. 3007, si legge di lui che «fu condannato dal Governo pontificio a sette anni di galera per falsificazione di carte; la pena fu trasmutata in luogo di detenzione [la casa penitenziale di Corneto], dal quale fuggi ricoverandosi in Toscana. La di lui moglie [Carolina Airenti] vuole la cronaca che godesse i favori dell’imperatore Leopoldo, iu allora granduca di Toscana, e che debbasi a questo il favore ottenuto dal Lattanzi di essere poi stato nominato segretario dell’Accademia Virgiliana di Mantova. Fu caldo repubblicano; e rientrato in Roma coi Francesi, esaltò lo spirito dei suoi concittadini con dei proclami incendiari. Rifugiatosi in questa provincia [Lombardia], godette sempre l’opinione di spione, e tale lo era sotto il duca Melzi, dal quale godette un annuo assegno. Uomo senza principii, senza morale e senza fede, capace di servire al tempo stesso e per un medesimo oggetto, il proprio governo e lo straniero ancora». «Colla moglie (segue il Cantú, p. 132) pose in piedi il Corriere delle dame, giornale che visse fino all’ultima nostra rivoluzione. Sono a stampa suoi... versi pel monumento inaugurato a Virgilio, poi un poema in lode di Bonaparte, e il Giornale italico, e un altro il Colpo d’occhio, e dappertutto si mostra giornalista nel peggior significato della parola».
  2. 204. Genuzii... Saturnini: «due de’ piú sediziosi e de’ piú sanguinari tribuni di Roma. Quest’ultimo, nemico implacabile del senato, fece uccidere nel modo il piú barbaro il patrizio Gratidiano, e mantenevasi piú migliaia di sicari disposti ai feroci suoi ordini, cui chiamava il suo antisenato». Mg.
  3. 207. E i Bruti ecc.: e que’ che si dicevan grandi patrioti, dediti ad ogni sorta di vituperi.
  4. 208. il nordico nembo: l’invasione degli Austro-Russi. Cfr. la nota d’introd. a p. 125. — leggiadro: nobile; detto per ironia.
  5. 209. sommerse: Ecco l’epitaffio che fu fatto in quell’occasione alla morta Cisalpina: «Qui giace una Repubblica, Già detta Cisalpina, Di cui non fu la simile Dal Messico alla China. I ladri la fondarono, I pazzi la esaltarono, I saggi l’esecrarono, I forti l’ammazzarono. In questo sol mirabile, Carogna non piú udita, Che non puzzò cadavere Ed appestava in vita». Vedi il testamento della Rep. in De Castro, p. 249. — stroppio: impedimento, danno.
  6. 210. Il Parini nel sonetto, fatto pel ritorno degli Austriaci (Predaro i Filistei), concludeva: «Ma splendan la giustizia e il retto esempio, Tal che Israel non torni a novo pianto, A novella rapina e a novo scempio». Ma l’augurio fu invano.
  7. 211. suonar doppio: sonar alla distesa, cioè a festa.
  8. 214. tartaro: russo. — alemanno: