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PER IL CONGRESSO D’UDINE 125

     80Gente di voglie temerarie e prave.
     Ella passa e non guarda1; ed in suo saggio
     Pensier racchiusa non fa motto; e scaltra
     Scuote intanto i suoi mali, e nulla pave.
     Cosí lion, cui grave
     85Su la giubba il notturno vapor cada,
     Se sorride il mattin sull’orizzonte,
     Tutta scuote d’un crollo la rugiada,
     E terror delle selve alza la fronte.
Canzon, l’italo onor dal sonno è desto;
     90Però della rampogna2,
     Che mosse il tuo parlar, prendi vergogna.
     Ma, se quei vili che son forti in soglio
     T’accusano d’orgoglio,
     Rispondi: Italia sul Tesin v’aspetta
     95A provarne la spada e la vendetta.


    verde alcun timor m’arreca; Ch’anco Alcide fanciul vinse i serpenti».

  1. 81. Non guarda, come fanciulla onesta, che «tien pudica il guardo in sé raccolto». Tasso iv, 87.
  2. 90. rampogna: quella che l’Italia fosse piú vile che infelice: v. 12.




PER LA LIBERAZIONE D’ITALIA


Contenuto: Il p. rivede, dopo l’esilio, e saluta commosso l’Italia, già invasa da’ barbari (1-12), prima che Napoleone, scendendo dalle Alpi con maravigliosa velocità, vincesse la battaglia di Marengo, che liberò la patria dagl’invasori (13-36). Il Po rechi la novella della vittoria all’Adria, e sì le dica: Napoleone non ha finito di combattere, e dov’è lui, è vittoria e libertà (37-44). Libertà, che ora trionfò per opera dell’ucciso e pur invidiato Desaix (45-60). Su le Alpi, ove l’eroe fu sepolto, verrà l’ombra d’Annibale a chiedergli del nuovo audace passaggio, ed egli, il Desaix, risponda, mostrando di quanto le virtú del Bonaparte superassero e superino le virtú di lui (61-92). — Nel pomeriggio del 28 aprile 1799 entrarono in Milano, vittoriosi de’ Francesi, gli Austro-Russi, i quali, guidati gli uni dal Melas, gli altri dal Suwarow, approfittando della lontananza di Napoleone, occupato nella guerra d’Egitto, erano discesi in Italia, distruggendo le repubbliche italo-francesi e impadronendosi della Lombardia e del Piemonte. In questa occasione, molti ardenti repubblicani ricoverarono in Francia, e tra essi il Monti; il quale fuggí forse nella stessa sera del 28 aprile, riparando prima in Piemonte, poi, dopo un viaggio penosissimo, sostenuto con magnanima rassegnazione, in cui, per la povertà sua estrema, dovè sfamarsi di soli frutti cascati dagli alberi (cfr. Card. Lett. al Bett., nota 24; Ach. Monti, p. 43 e Vicchi VIII, 711 e segg.), a Parigi, dove visse miseramente e donde tornò in Italia nel 1801. Napoleone, saputa l’invasione nordica, con incredibile rapidità, tornò in Francia, valicò le Alpi, riconquistò Milano (2 giugno 1800), su la pianura di Marengo il 14 dello stesso mese diede, specialmente per