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116 | LA MUSOGONIA |
Fresco trifoglio ne’ cecropii1 prati,
S’ai Terrigeni in pria morder non festi
La sabbia in Flegra, e non fur pieni i fati,
I fati che ponean Giove in periglio
520Senza il braccio d’Alcide, e il tuo consiglio2.
Cosí gl’immani anguipedi3 pagaro
Di lor nefanda scelleranza il fio;
Ai superbi cosí costar fe’ caro
Quel famoso ardimento il maggior dio.
Egra4 la Terra in tanto caso amaro
Ai caduti suoi figli il grembo aprio,
E di cocenti lagrime cosparse
528Le lor gran membra folgorate ed arse.
E ardea pur ella, e i folti incenerire
Sul capo si sentía verdi capelli
Dal fulmine combusti e in sen bollire
L’alte vene de’ fiumi e de’ ruscelli:
In sospiri esalava il suo soffrire,
Gli occhi alzando offuscati e non piú quelli:
Volea pregar, ma vinta dal vapore5
536La debil voce ricadea nel core.
Le volse un guardo di Saturno il figlio,
Pietà n’ebbe, e le folgori depose,
E tornò col chinar del sopracciglio6
523. parer fe’ caro (C. ’21).
525-6. Ai caduti suoi figli il grembo amaro Allor la Terra sospirando aprío (C. ’21).
525. caso avaro (P.).
528. divampate ed arse (C. ’21). — rosseggianti ed arse (P.).
530. In fronte si sentìa (C. ’21).
532. L’ampie vene (C. ’21).
533. In vapori esalava (C. ’21).
534. Gli occhi alzando oscurati e non più belli: (C. ’21).
535-6. E tuttavia dal manto arso scotea Le celesti faville e si dolea. (C. ’21).
537-9 Di Saturno l’udì l’inclito figlio, E pietà n’ebbe e il fulmine depose, E tornò col girar del sopracciglio (C. ’21).
- ↑ cecropii: cfr. la nota al v. 1, p. 2.
- ↑ Senza ecc.: «Correva fama in cielo che niuno de’ Giganti sarebbe rimasto perdente, se Giove non prendeva in aiuto il braccio di qualche mortale. Giove allora per consiglio di Pallade chiamò in soccorso Ercole, che fu il primo a menar le mani e a fissar la vittoria». Mt.
- ↑ gl’immani anguipedi: gli smisurati Giganti, dal piede di serpente. Cfr. Ovidio Fast. V, 35.
- ↑ Egra: dolente (lat.).
- ↑ dal vapore: dal fumo, prodotto dalle arsioni del fulmine.
- ↑ col chinar ecc.: «Il moto dello chiome e dei sopraccigli era l’atto più maestoso di questo dio. È mirabile il passo d’Omero, nel primo dell’Iliade, allorché Giove promette a Tetide la vendetta d’Achille: «Disse: e il gran figlio di Saturno i neri Sopraccigli inchinò. Su l’immortale Capo del sire le divine chiome Ondeggiaro e tremonne il vasto Olimpo». Dalla qual sublime immagine tolse Fidia
rem». Mt.