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2 | PROSOPOPEA DI PERICLE |
Io de’ forti Cecropidi1
Nell’inclita famiglia2
D’Atene un dí non ultimo3
4Splendor e maraviglia,
A riveder io Pericle4
Ritorno il ciel latino,
Trïonfator de’ barbari,5
8Del tempo e del destino.
In grembo al suol di Catilo6
(Funesta rimembranza!)
Mi seppellí del Vandalo7
12La rabbia e l’ignoranza.
N. B. Queste varianti sono state ricavate dalla prima ediz., romana, indicata con un S.; dalla seconda, ferrarese, indic. con un R.; dalla terza, romana (Rime degli Arcadi, tom. XIV, Giunchi, 1781), indic. con un ’81; dalla quarta, senese (Versi, Pazzini, 1783), indic. con un ’83, e, in fine, dalla quinta, parmense, (Versi, Bodoni, 1787), indic. con un ’87.
1-4. Io degli eroi di Grecia Fra l’inclita famiglia D’Atene, ai prischi secoli, Splendore e maraviglia; (S.). Io degli Achei magnanimi Fra l’inclita famiglia Di Atene, (R.). Io degli Achei magnanimi Nell’inclita famiglia (’81).
5-8. Dai ciechi regni io Pericle Degli estinti ritorno L’ingenua luce amabile A riveder del giorno (S. R. ’81).
9-12. In seno alla recondita Campagna tiburtina Mi seppellí la barbara Vandalica ruina (S.) .... Con esecrando esempio.... Ladron l’ira, e lo scempio
- ↑ 1. Io: Per figura di prosopopea (personificazione), chi parla è Pericle stesso. — Cecropidi: Ateniesi, detti cosí da Cecrope, fondatore leggendario della città. Venuto dall’Egitto nell’Attica (gr. aktè: lido, sponda), sposò la figlia di Atteo, diede principio all’agricoltura e alle arti e stabilí il culto di Minerva. Secondo la tradizione ateniese, Cecrope era autóctono (gr. autòs: stesso; chtòn: paese), cioè nativo dell’Attica. Cfr. Apollodoro Bibl. III, 14.
- ↑ 2. famiglia: schiatta, stirpe. È il Cecropiae domus di Orazio (Od. IV, xii, 6).
- ↑ 3. non ultimo: primo. Figura d’attenuazione, o, come oggi dicono con parola greca, di litote. Frequentissima negli scrittori attici, è usata spesso anche da’ latini e qualche volta dagl’italiani. Cosí, p. es., Orazio (Od. I, xxix, 14) chiama Pitagora non sordidus auctor Naturae verique; e il Tasso (IV, 37) fa che Eustazio, parlando del fratello Goffredo, dica ad Armida: «Non è vile appo lui la grazia mia».
- ↑ 5. io Pericle: Riprende, con grande efficacia sintattica, l’io del primo verso. — Pericle: figlio di Xantippo, visse nel tempo del massimo splendore di Atene (470-430 av. C.), al quale egli tanto contribuí, da far che gli storici designassero col suo nome quell’età gloriosa. Fu di bellissimo corpo, di ingegno sottile, di eloquenza maravigliosa. Di re non gli mancò che il nome. Sposò, com’è noto, la famosa cortigiana Aspasia, figlia del milesio Assioco e amica di Socrate e di quanti sapienti e artisti vivevano allora in Atene, che potè grandemente su l’animo di lui, e gli consigliò, come sembra, le due guerre di Samo e del Peloponneso, la quale ultima (cui Tucidide narrò) si protrasse per ben 27 anni e fu causa principale della rovina d’Atene. Nato nel 499, morí della pestilenza scoppiata nell’Attica il 429 av. C.
- ↑ 7. Trïonfator ecc.: trionfatore de’ barbari, che, per rabbia e ignoranza (v. 12), atterrarono, ma non riuscirono a distruggere la mia immagine; del tempo, che non fu bastante a corroderla; del destino, che non valse a tenerla nascosta per sempre.
- ↑ 9. al suol di Catilo: al territorio di Tivoli, città che fu fondata da Catilo, Cora e Tiburte, figli di Anfiarao, e ch’ebbe nome dall’ultimo fratello. Cfr. Virgilio Eneid. VII, 670; Orazio Od. I. xviii, 2; Silio It. Pun. VIII, 364 e Feroniade c. I, 611.
- ↑ 11. del Vandalo: Fra i barbari settent. che invasero l’impero, i Vandali furono quelli che distrussero maggior numero di opere d’arte: onde la parola vandalismo. Qui è detto, com’è chiaro, per barbari in