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100 LA MUSOGONIA

     Ai nepoti d’Enotro1, al Lazio amico,
     80Del secol d’oro portator mendico.
In tante d’odio e d’ira e di cordoglio
     Altissime cagioni ella smarrito
     Del gran titanio sangue avea l’orgoglio;
     E fior parea depresso, abbrividito,
     Quando soffiar dall’iperboreo scoglio2
     Si sente d’Orizía l’aspro marito,
     E tutta carca di soverchia brina
     88L’odorosa famiglia il capo inchina.
Sol che il nome tremendo oda talvolta
     Del saturnio signor3 la sconsolata
     Tutta nel volto turbasi, e per molta
     Paura indietro palpitando guata.
     Ma che? la Parca indietro era già volta4,
     E decreto correa che alfin placata
     Del patrio ciel ricalchería le soglie
     96Mnemosine di Giove amante e moglie.
Sotto vergine lauro un giorno assisa
     Di Piera ei la vede alla sorgente.
     La vede; e d’amor pronta ed improvvisa
     Per le vene la fiamma andar si sente5,
     E dalle vene all’ossa; in quella guisa
     Che d’autunno balen squarcia repente
     La fosca nube e con veloce riga
     104Di lucido meandro i nembi irriga.
Per quell’almo adempir dolce disío
     Che Venere gli pose in mezzo al core,
     Che farà il caldo innamorato iddio?
     Che far dovrà, che gli consigli, Amore6?
     Amor, che già scendea propizio e pio,
     Manifestossi in quella all’amatore;
     E gli sorrise cosí caro un riso,

83. Del gran sangue titanio (C. ’21).

    la prima vite. Cfr. Ovidio Fast. I, 99 e Virgilio En. VIII, 329. Cfr. anche Metam. I, 89; Tibullo I, iii, 35 e Feron. I. 326.

  1. Enotro: figlio di Pelasgo, il primo che passasse in Italia con una colonia di Greci: onde questa fu detta anche Oenotria tellus. Cfr. Virgilio En. VII, 85.
  2. Quando ecc.: Cfr. la nota al v. 85, p. 33. «Non è oziosa l’espressione iperboreo scoglio, perché allude alla spelonca di Borea di cui parla Callimaco; insegnandoci che da quella si scatenavano le sue procelle (Hymn. in Dian.) e che stava in essa la mangiatoia dei cavalli di Marte (Hymn. in Del.)». Mt.
  3. Del saturnio signor: di Giove.
  4. la Parca ecc.: il destino delle Parche era già mutato.
  5. e d’amor ecc.: Virgilio (En. VIII, 388), dell’amore di Vulcano per Venere: Ille repente Accepit solitam flammam, notusque medullas Intravit calor, et labefacta per ossa cucurrit: Non secus atque olim, tonitru cum rupta corusco Ignea rima micans percurrit lumine nimbos.
  6. Che far dovrà ecc.: Petrarca P. II, canz. i, 1: