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868 | odi barbare |
e uno dell’Archiginnasio di Bologna, e come parmi d’aver sentito dire alcuna volta in contado non so piú se di Toscana o di Romagna. Aer piovorno vale, nell’interpretazione del Buti, pieno di nuvoli acquosi: altro, in somma, da piovoso.
p. 954, v. 11. Per i luoghi dell’Istria ricordati in questo verso e per la punta di Salvore, pag. 856, v. 9, son certo di far cosa grata ai lettori italiani rimandandoli a un libro molto buono, con rappresentazioni fotografiche ammirevoli, di Giuseppe Caprin, stampato in Trieste nel 1889, Marine istriane: libro che mi fa spesso tornare il pensiero, con desiderio sempre piú acceso, a quella bellissima e nobilissima regione, tutta romana e veneta della gran patria italiana.
pag. 855, v. 21-24, pag. 856, v. 1-4 e v. 14. Alcuni ricordi del castello di Miramar in questi versi han forse bisogno di schiarimento. Nella stanza di studio di Massimiliano, costruita in guisa che rassomigliasse la cabina della contrammiraglia Novara che lo trasportò al Messico, sono i ritratti di Dante e di Goethe presso il luogo ove l’arciduca sedeva a studiare; sta tutt’ora aperta sul tavolino un’antica edizione, che parmi di ricordare assai rara e stampata ne’ Paesi bassi, di romanze castigliane. Nella sala maggiore sono incise piú sentenze latine: memorevoli, per il luogo e per l’uomo, queste: Si fortuna iuvat caveto tolti — Saepe sub dulci melle venena latent — Non ad astra mollis e terris via — Vivitur ingenio, caetera mortis erunt.
IL LIUTO E LA LIRA
pag. 863, v. 13. Quest’ode composta in Courmayeur fu pensata in Roma, nell’occasione che il prof. Chilesotti l’8 maggio del 1889 nella sala Palestrina parlò della musica dei secoli xv e xvi, presente la Regina Margherita. Ivi, tra gli altri strumenti musicali, erano due liuti della Regina: la quale ebbe allora la gentile curiosità di conoscere l’arte del liuto e l’uso d’esso nella poesia italiana e provenzale.