Divin surse il poeta; e disdegnando
La triste Italia e per mancar d’obietto
Pargoleggiante il gran vigor natio,
Te salutò in desio, 80Alma Italia novella,
Una d’armi di leggi e di favella.17
A riportar nel vero
Imagine cotanta, egli la vita
Che per lo mar de l’essere si volve 85Cercò; d’entro la polve
E dal suon del passato il bene e il male
Trasse, vate fatale: e la sua voce
Come voce di Dio da’ sette colli
Tuonò su ’l mondo, e tutti a sé d’intorno 90I secoli evocò. Giudice e donno
In lor suo sguardo mise;
Ammirò e pianse, disdegnò e sorrise:
Poi li schierava ne l’eterno canto,
Piacendo pure a sé di poter tanto.
95Ma questa umile aiuola
Ove si piange e s’odia,
E questo eterno inganno, e questa vana
Ombra c’ha nome vita ed è sì bassa,
T’era in dispetto. Poi che il sacro verso 100A tutto l’universo
Descrisse fondo, e il buon sofo gentile
Te mise dentro a le secrete cose,
Veder volesti come l’angel vede