il prode Ercole, e franco mandò da quel morbo funesto
il figlio di Giapèto, lo sciolse dai gravi cordogli:
non già contro il volere di Giove signore d’Olimpo: 530questi anzi volle che sopra la terra, maggiore di prima
d’Ercole volle che fosse la gloria, del figlio di Tebe.
Dunque onorò, per questo riguardo, l’illustre figliuolo,
l’ira frenò, per quanto crucciato, che prima lo ardeva
contro Promèteo, che aveva con lui gareggiato in astuzia. 535Perché, quando a Mecone contesero gli uomini e i Numi,
un gran bove offerí Promèteo, con subdola mente,
e lo spartí, traendo la mente di Giove in inganno.
Perché le carni tutte, l’entragne con l’adipe grasso
depose entro la pelle, coperte col ventre del bove, 540e a lui le candide ossa spolpate, con arte di frode,
offrí, disposte a modo, nascoste nel lucido omento6.
«O di Giapeto figlio, famoso fra gli uomini tutti,
quanto divario c’è, tra le parti che hai fatte, mio caro!»
Cosí Giove, l’eterno consiglio, crucciato gli disse. 545E gli rispose cosí Promèteo, lo scaltro pensiero,
dolce ridendo, né fu dell’arti di frode oblioso:
«Illustre Giove, sommo fra i Numi che vivono eterni,
scegli quello che piú ti dice di scegliere il cuore».
Disse, tramando l’inganno; ma Giove, l’eterno consiglio, 550bene avvisata la frode, che non gli sfuggí, nel suo cuore
sciagure meditò contro gli uomini; e furon compiute.
Il bianco adipe, dunque, levò con entrambe le mani,
e si crucciò nel cuore, di bile avvampò, quando l’ossa
del bue candide scorse, composte con arte di frode. 555Di qui l’usanza venne che sopra gli altari fragranti
bruciano l’ossa bianche dei bovi i mortali ai Celesti.
E nel suo cruccio, Giove che i nugoli aduna, gli disse:
«O di Giapèto figlio, che sei d’ogni cosa maestro,
dunque obliata non hai, caro amico, la tua frodolenza».