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254 | poemetti allegorico-didascalici |
XLVI
L’Amante.
Quando Ragion fu assa’ dibattuta
e ch’ella fece capo al su’ sermone,
i’ sí le dissi: «Donna, tua lezione
4sie certa ch’ella m’è poco valuta,
perciò ch’i’ no ll’ho punto ritenuta,
ché non mi piace per nulla cagione;
ma, cui piacesse, tal ammonizione
8sí gli sarebbe ben per me renduta.
Chéd i’ so la lezion tratutta a mente
per ripeterl’a gente cu’ piacesse,
11ma giá per me non è savia niente;
ché fermo son, se morir ne dovesse,
d’amar il fior, e ’l me’ cor vi s’assente
14onn’altro danno ch’avvenir potesse».46-14
XLVII
L’Amante e Amico.
Ragion si parte, quand’ella m’intese,
sanza piú tener meco parlamento,
ché trovar non potea nullo argomento
4di trarmi del laccio in ch’Amor mi prese.
Allor sí mi rimisi a le difese
co’ mie’ pensieri e fu’ in maggior tormento
assa’, ched i’ non fu’ al cominciamento:
8non mi valea coverta di pavese.
Allor sí piacque a Dio che ritornasse
Amico a me, per darmi il su’ consiglio.
11Sí tosto che mi vide, a me si trasse
e disse: «Amico, i’ sí mi meraviglio
che ciascun giorno dimagre e appasse:
14dov’è il visaggio tu’ chiaro e vermiglio?».