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236 | poemetti allegorico-didascalici |
X
L’Amante.
Udendo che Ragion mi gastigava
perch’i’ al Die d’amor era ’nservito,
di ched i’ era forte impalidito
4e sol perch’io a lui troppo pensava,
i’ le dissi: «Ragion, e’ non mi grava
su’ mal, ch’i’ ne sarò tosto guerito,
ché questo mio signor l’ho m’ha gradito»,
8e ch’era folle se piú ne parlava:
«chéd i’ son fermo pur di far su’ grado,
perciò che mi promise fermamente
11ched e’ mi metterebbe in alto grado,
sed i’ ’l servisse bene e lealmente»;
per che di lei i’ non pregiava un dado,
14né su’ consiglio i’ non teneva a niente.10-14
XI
L’Amante e l’Amico.
Ragion si parte, udendomi parlare,
e me fu ricordato ch’i’ avea
un grande amico, lo qual mi solea
4in ogne mio sconforto confortare.
Sí ch’i’ nol misi guari a ritrovare,
e dissigli come si contenea11-6
lo Schifo ver di me, e che parea
8ch’al tutto mi volesse guerreggiare.
E que’ mi disse: «Amico, sta sicuro,
ché quello Schifo si ha sempre in usanza
11ch’al cominciar si mostra acerbo e duro.
Ritorna a lui e non abbie dottanza:
con umiltá tosto l’avra’ maturo,
14giá tanto non par fel né san pietanza».