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volesse mai, gareggiando con te, contrapporre un altro discorso. E veramente, o mio portentoso amico, poco tempo fa uno de’ nostri uomini di stato gli fece oltraggio criticandolo e per tutta la sua critica lo chiamò fabbricante di orazioni; sicchè vedi bene che egli come uomo ambizioso, può essere che si astenga dallo scrivere.
Socr. È veramente una cosa da ridere, o giovinetto, questa tua opinione che dici, e sei molto in errore quanto all’amico tuo, se tu credi ch’egli voglia aver paura per così poco; e credi forse tu che colui il quale lo ha rimproverato, abbia fatto ciò, persuaso di quel che diceva?
Fed. Certamente che mi è sembrato così, o Socrate; e tu pure sai in certo modo che gli uomini più potenti e più onorevoli nello stato si vergognano di scrivere orazioni e di lasciare qualche cosa scritta da loro, temendo il giudizio degli avvenire, che non li avessero da chiamare col nome di sofisti.
Socr. Ma tu, o Fedro, ignori che la esclamazione, — che dolce seno, — viene dal grande braccio del fiume Nilo26 il quale è ben altra cosa che dolce, e non sai neppure che quelli che più si tengono per uomini di stato, amano sopra ogni altro di scrivere orazioni e lasciarle scritte; anzi costoro quando abbiano fatto qualche