Pagina:Platone - Fedro, Dalbono, 1869.djvu/43


— 33 —


Socr. Dimmi dunque, non credi tu che Amore sia figlio di Venere, e Nume ancor egli?

Fed. Veramente così si dice.

Socr. Pure non se n’è fatto una parola nel discorso di Lisia, e neppure nel tuo, quello che fu pronunziato dalla mia bocca per incantesimo fatto da te. Se dunque, com’egli è veramente. Amore è un nume o qualche cosa di divino, egli non potrebbe mai essere un male, e i due discorsi pronunziati or ora dissero ch’egli era tale, sì che in questo peccarono verso di Amore. Ed oltre a ciò la stoltezza di questi discorsi è ben da ridere, per quel vantarsi di essere qualche cosa d’importanza, senza aver detto nulla di assennato nè di vero, come se essi potessero aver mai un certo valore per qualche uomo da nulla che si fosse lasciato ingannare da loro e facesse stima delle cose dette. A me dunque, o caro, bisogna che io faccia espiazione; e ci è un’antica espiazione per coloro che mancano di riverenza alla mitologia: espiazione che Omero non conobbe, ma Stesicoro24 conobbe, perchè privato degli occhi per contumelie dette sul conto di Elena, non ignorò la cagione, come Omero, ma siccome amico ch’egli era delle Muse, la seppe e dettò subito questi versi:


     ver non fu il detto; e tu non ascendesti
     mai sulle navi ben costrutte, e mai
     sei tu venuta alla Pergàmea Troia;