la burla è satira iperbolica, spietata.1 Aristofane ha uno scopo morale, e il suo non è mai dunque il mondo della fantasia pura. Nessuno studio della verosimiglianza: egli non se ne cura perchè si riferisce di continuo a cose e a persone vere: astrae iperbolicamente dalla realtà contingente e non crea una realtà fantastica, come, ad esempio, lo Swift. Umorista non è Aristofane, ma Socrate, come acutamente osserva Teodoro Lipps:2 Socrate che assiste alla rappresentazione delle Nuvole e ride con gli altri della derisione che fa di lui il poeta, Socrate che «versteht den Standpunkt des Volksbewusstseins, zu dessen Vertreter sich Aristophanes gemacht hat, und sieht darin etwas relativ Gutes und Vernünftiges. Er anerkennt eben damit das relative Recht derer, die seinen Kampf gegen das Volksbewusstsein verlachen. Damit erst wird sein Lachen zum Mitlachen. Andererseits lacht er doch über die Lacher. Er thut es und kann es thun, weil er des höheren Rechtes und notwendigen Sieges seiner Anschauungen gewiss ist. Eben dieses Bewusstsein leuchtet durch sein Lachen, und lässt es in seiner Thorheit logisch berechtigt, in seiner Nichtigkeit sittlich erhaben erscheinen». Socrate ha il sentimento del contrario; Aristofane ha un sentimento solo, unilaterale, e Aristofane, dunque, se mai, può esser considerato umorista soltanto se intendiamo l’umorismo nell’altro senso molto più largo, e per noi improprio, in cui siano compresi la burla, la baja, la facezia, la satira, la caricatura, tutto il comico insomma nelle sue varie espressioni. Ma in questo senso anche tanti e tant’altri scrittori faceti, burleschi,
- ↑ Vedi Jacques Denis, La comédie greque, vol. I, chap. VI, Paris, Hachette et Cie. 1886, e la bella e dotta prefazione di Ettore Romagnoli alla sua impareggiabile traduzione delle commedie di A. (Torino, Bocca, 1908).
- ↑ Teodor Lipps, Komik und Humor, eine psychologisch-iisthetische Untersuchung (Hamburg u. Leipzig, Voss 1898).