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numero di gente alla volta di Firenze, nè punto diminuì, sebbene i Fuorusciti sen ritornassero dond’eran venuti. Finalmente essendosi il Cardinale portato a Prato e a Pistoja affine di quietare le dissensioni di quegli abitanti[1], nè venendogli fatto di ottenere l’intento; e fallitagli pure l’impresa di costringer colla forza delle armi quei renitenti popoli, all’obbedienza; fatto certo di esser venuto in odio e ai Fiorentini e agli altri, e temendo di peggio, se ne partì il giorno 4 di Giugno, ritornando al Papa, e lasciando invece della pace, la scomunica a Prato, Pistoja e Firenze[2].
Restò il Cardinale irritato pel trattamento dai Fiorentini ricevuto, e giurò vendicarsene. Avendo dunque segretamente istigati i Fuorusciti ed i Bianchi Aretini e Bolognesi, fece dai medesimi assalire Firenze[3], e poco mancò che questa città, d’una parte della quale eransi per sorpresa impadroniti, non restasse in poter di coloro. Ma vennero respinti e fugati, e molti fatti
- ↑ Dino Compagni, Cronaca Fiorentina, Lib. III.
- ↑ Elogj degli uomini illustri toscani, Lucca 1774 Vol. IV, pag. 756
- ↑ Giovanni Villani Croniche, Lib. VIII, cap. LXXII. — Scipione Ammirato, Istorie Fiorentine, Lib. IV.
«Ecco il passo ili Gio. Villani al luogo citato. «Il detto Cardinale si pensò uno grande tradimento contro a’ Fiorentini, e incontanente scrisse per sue lettere a Pisa ed a Bologna ed in Romagna e ad Arezzo e a Pistoja e a tutti i Caporali di parte Ghibellina e Bianca di Toscana e di Romagna che si dolessero congregare tutte le loro forze e de’ loro amici a piede ed a cavallo, ed uno di nomato venire con armata mano alla città di Firenze, e prendere la terra e cacciare i Neri e coloro che erano stati contro a lui, e che ciò era di conscienza o volontà del Papa; la quale cosa era grande bugia e falsità, che il Papa di ciò non seppe niente.»