tradesassose dell’agro di Gubbio, e di Assisi presentemente chiamansi Genga, e la più nominata è la Genga di S. Giovanni, che è un luogo pieno di massi di travertino, come può vedersi nello Statuto stampato di Assisi. Nella bolla di Alesandro III del 1178 a Pagano Vescovo di Forcona riferita dal Muratori, e riprodotta più corretta da Monsig. Coppola, fra le Chiese, che gli si confermano, vi è Ecclesiam S. Nicolai de Genca cum possessionibus suis. Questa stessa chiesa è ripetuta nell’altra bolla di conferma d’Innocenzo III a Giovanni Vescovo di Forcona nel 1204 riferita dal nominato Coppola. L’estinta Città di Forcona rimaneva lungi tre miglia dalla Città dell’Aquila, e la villa Genca, che ancora esiste, e che è circondata da alti monti, come il Castello della Genga, rimaneva nella Diocesi di detta Città.
Molte sono le caverne, che vi rimangono, ma le più rinomate sono due, che sono quasi in fine dell’apertura. La prima è molto ampla, s’interna nella Montagna, gira di quà, e di là, e non è stata trovata sino ad ora la fine. Così mi dissero coloro, che per curiosità la girarono per lo spazio di cinque ore. Trovarono entro grandi Saloni, colonne naturali, e vie, che conducevano ora in giù, ed ora in su, come nelle Catacombe; e per timore di non perdersi furono costretti escire. Ammirarono le grandi volte di vivo sasso, la quantità sorprendente di Nottole, che vi sono, ed i molti scherzi della natura. Il P. Scevolini così le descrive nella Storia di Fabriano1 ”Quì finalmente da quella parte, che mira di rimpetto alla Genga sono le caverne delle Montagne. Queste grotte sono più meravigliose, che quelle dell’Averno, per le quali porte hanno dato luogo alla favola, che elle sono la strada dell’inferno, e d’onde Enea, come nel sesto dell’Eneidi finse Virgilio, colla scorta della Sibilla Cumana se ne andò negli Elisi a rivedere il
- ↑ Antic. Pic. T. 17. p. 59.