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dal Piceno: Umbri illos expulere: Scilace ci accerta, che essi non poterono ritenere Ancona da essi fondata, e che questa passò in potere degli Umbri. Or mi dica il Sig. Canonico, ove questi andarono? Dicendo Dionisio, che questi abitarono nel Lazio, e lo stesso affermando Servio, soggiungo, che dal Piceno andarono nelle campagne Romane, perchè la logica mi avvisa, che quando uno è cacciato da un luogo, va in un’altro. I Pelasgi uniti agli Aborigeni fugarono i Siculi dal Lazio secondo l’Alicarnassense: ove questi andarono? Dicendomi il Sig. Canonico coll’autorità de’ Classici, che questi fissarono la lor sede nell’estremo tratto d’Italia, e che da esso cacciati andarono nella Trinacria, rispondo, che i Siculi andarono nelle Calabrie, e nella Sicilia, e così la regione, ed i Classici vogliono, che i Siculi Piceni, e Tiberini furono un sol popolo, e che essendo cacciati da un luogo andarono in un’altro. Ed ecco, che egli non produsse, come si gloria1, un nuovo sistema sulle cose dell’antica Italia, e non battè a dirla con Plinio un sentiero per altri non calcato: non trita auctoribus via.

Il bello poi è, che crede i suoi Siculi così moderni2, che fa campeggiare Italo loro Re nel Piceno circa un buon mezzo secolo avanti la desolazione Trojana, giacchè egli campeggiò nel Lazio dopo Evandro, e le sue legioni. Sebbene i Critici appoggiati a quello, che dissero Omero, Strabone3, Festo, ed altri autori pretendono esser più probabile, che Enea non fu mai nell’Italia: tuttavia voglio credere a Virgilio. Questi fa Evandro contemporaneo di Enea, ed in tal tempo la nostra penisola già si chiamava Italia, come in tanti luoghi lo dice, e come lo dimostra poche righe dopo il Sig. Canonico riportando i due seguenti di lui versi 4

Aenotrii coluere viri, nunc fama minores
Italiam dixisse ducis de nomine gentem.

  1. P. 137.
  2. Pag. 160.
  3. Lib. 13.
  4. Aeneid. 1.