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404 | capitolo settimo. |
come un essere inferiore, da un senso, fra pauroso e sdegnoso, dell’autorità. Il Direttore si unì ai due, parlò allo smarrito Piero, con la sua filosofia serena, di Amleto, che stava leggendo, delle geniali divinazioni di Shakespeare nel rappresentare le frenosi, di quel curiosissimo Amleto che simula la pazzia e non si accorge di essere davvero non solamente un nevrastenico ma proprio un deficiente.
Sulla piccola scala del quartierino abitato dall’inferma incontrarono la marchesa Nene, che accolse il genero con un sorriso tranquillo, con un che di risoluto nel viso e nella voce, non riuscendo però a reprimere e nascondere quella sovreccitazione nervosa che la teneva continuamente in moto. Gli accennò di affrettarsi. L’Elisa desiderava vederlo almeno un momento prima di essere visitata dal professore di Bologna. Presto! Si capiva che la marchesa non voleva parole affettuose nè lagrime, che resisteva eroicamente all’angoscia perchè intorno all’ammalata tutto fosse tranquillo, nessuno perdesse la testa. Aveva mandato il piagnoloso Zaneto a riposare. Resistette al genero che voleva abbracciarla. “Vieni, vieni!„ diss’ella. “Sii forte, forte!„ come se parlasse al più innamorato dei mariti.
Ella lo precedette nella stanza sacra del dolore, calda, scura, silenziosa. Mormorò con tenerezza