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il sabato 73

due parti è un baratro; ma le due parti sono della stessa formazione. Quando avvenisse questo dissidio, non si può dire a puntino: ci fu forse una lenta corrosione, piuttosto che un improvviso schianto; ma avvenne. Negli ultimi anni della sua vita egli derideva quel generale austriaco-papalino che si portò cosí bene alla battaglia di Faenza: i papalini fuggirono, e li

. . . . precedeva in fervide sonanti
Rote il Colli gridando: Avanti avanti.

Ebbene, più che dalla voce popolare, egli dovè udire, fanciullo, questo motto in casa del padre; che nella sua autobiografia ne riferisce altri, da quell’uomo mordace che era: “Il giorno 2 di febbraio del 1797, alla mattina, i Francesi attaccarono... Ben presto... l’inimico si accinse a guadare il fiume; e vistosi dai popolani (papalini?) che i Francesi non temevano di bagnarsi i piedi: “Addio„ si grido nel campo “si salvi chi può„ e tutti fuggirono per duecento miglia„. E più giù racconta che i cannoni vennero caricati con fagioli, aggiungendo: “questa mitraglia figurò nella guerra fra il papa e la Francia„. Nella villetta di Posilipo in cui il poeta, scriveva la Ginestra, sonò forse una sera la stessa risata che trent’anni prima aveva fatto eco, nel palazzo di Recanati, al racconto di Monaldo. E ci sono in vero molte differenze tra l’autore dei Paralipomeni e quello dei Dialoghetti sulle materie correnti? Il figlio scherniva, il padre malediceva: per le male barbe Giacomo invocava il barbiere; Monaldo il boia. Ma infine i loro sentimenti s’incontravano, sebbene non paresse nè agli altri nè a loro stessi.

Giacomo amava la patria italiana. Egli scrive al