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338 pensieri e discorsi

dolcirne l’esilio1. Egli canta l’amor della terra, la copia e bontà dei suoi prodotti, goduti da chi li procacciò col lavoro, canta le dolcezze delle feste e dei giochi e dei rialti campestri, quelle gite in città o al mercato con l’asinello carico di pomi, quelle veglie dandosi qualcosa da fare col fido pennato, mentre la moglie tesse cantando o schiuma il paiolo dove fa bollire le sue conserve, quel felice tepore della casa sua tra i suoi figlietti e presso la feconda campagna. Così canta colui che trasse la miglior parte della vita tra due sogni di rigenerazione umana; canta, ed ecco la schiavitù è cessata, è dileguata. Gli strumenti vocali, cioè gli schiavi, che coi semivocali come gli animali domestici e i muti come le zappe e gli aratri, costituivano per un romano gli strumenti coi quali si esercita l’agricoltura; gli strumenti vocali non esistono in Virgilio2. Ne ha egli inteso nel cuore palpitante di pietà la dolente voce, ben più triste del cigolìo del plaustro o del muglio dei bovi? Può essere: Virgilio è veramente un precursore. Dante ha ragione. Egli guidò lui e continua a andare innanzi a noi. Nelle sue campagne non sono nemmeno i mezzadri. Ci sono soltanto i piccoli possidenti, che godono in pace la mediocrità sufficiente del loro bene, lavorandolo da sè. E ciò non impedisce, anzi ciò fa che il Comune sia grande3. E il poeta celebra le grandi e belle città, i centri d’abi-

  1. Secondo Donato, il padre di Virgilio e con altro e apibus curandis reculam auxit: accrebbe il patrimonietto del suocero con l’apicoltura. A Ostiglia fu in fiore, non so se ancora sia, non molto tempo addietro.
  2. Vedi in questo medesimo volume a pag. 24 sgg.
  3. Vedi più sopra a pag. 274.