Pagina:Pensieri e discorsi.djvu/347


una festa italica 335

in quel tragico momento in cui si spengeva l’impero senza lasciare la libertà; chè i comuni si preparavano già a piegare sotto le signorie. L'imperium sine fine vaticinato in quei tempi doveva pure adempiersi nei tempi nuovi! Allora Virgilio parlava latino: era nato sub Iulio. Ora avrebbe parlato lombardo. Con le prime parole l’Ombra si annunzia come figlio di parenti lombardi, ambo e due di Mantova: di Mantova la città edificata sopra l’ossa morte d’una indovina. Così il profugo nuovo uscito dall’onda perigliosa d’un pelago, come l’antico, e che, come l’antico, è aspettato da più gravi pericoli nella terra, segue, come l’antico, un profeta nell’oltremondo, per riportarne l’annunzio della grande concordia umana. E se l’annunzio di tale universale beatitudine è riuscito vano, sappiamo però e riconosciamo e significhiamo che Dante, seguendo Virgilio, sulla caotica accozzaglia di popoli varii venuti dal mare e dal monte a soprapporsi ai vari popoli che prima erano tra l’Alpi e il mare, pronunziò la parola per cui l’Italia fu, è, sarà.



VII.


Il poeta dell’emigrazione


O figlia della Parola, Italia, come il Dio fatto uomo! Noi dobbiamo religiosamente leggere i libri della buona novella italica, consultarli nelle dubbiezze e nelle traversie e nelle sventure nazionali. Vi troveremo sempre un conforto che ha del sopranaturale, accenni che sanno di vaticinio, consigli che sembrano della divinità. Gentili donne e cittadini di