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198 | pensieri e discorsi |
nelle isole, tra cui riposava, sublime corsaro in agguato e in attesa dei movimenti de’ popoli; tra i giunchi d’una palude dove spariva con la sua donna in braccio, inseguito a cannonate; nella cascina d’un monte, dove sedeva insanguinato e prigioniero; sulla vetta del Gianicolo donde trionfa. Ed apparisce a tutti, nelle officine e nelle campagne, nelle caserme e nelle scuole.
A tutti. Non meraviglia che venga anche a me, povero pensatore solitario. Ieri levai la mano da uno studio sull’Alighieri e mi posi a scrivere di Garibaldi.
La penna correva come per sè stessa mossa. Non c’era alcun distacco tra scrivere del Generale e scrivere del Poeta. E non vi faccio ora uno di quei soliti paragoni nei quali l’industria della parola, qua limando là saldando, fa qualunque viso simile a qualunque altro. No. Dite voi. Qual è il nome che proclamereste in faccia a chi misconoscesse la vostra patria? Quale? O l’uno o l’altro di questi due: del poeta o dell’eroe. In vero dove non giunse l’eroe, abbiamo posto il poeta!
Se lo straniero magnificasse la civiltà della sua nazione in confronto a quella della vostra, e v’enumerasse i suoi inventori, scrittori, pensatori; voi rispondereste: Dante! E se lo straniero esaltasse le glorie delle sue conquiste e i fasti delle sue rivoluzioni e le fortune de’ suoi imperi; voi rispondereste: Garibaldi! Uno de’ due nomi scegliereste, per esser brevi; chè tanti altri ne avreste; ma bastano essi a dir tutto.
Dante, lo scultore d’anime, comprende Michelangelo; Dante che alza le vele per acque non mai corse, somiglia a Colombo; Dante che tiene gli occhi