Pagina:Pavese - Il mestiere di vivere.pdf/33

1936 29


Credo, perciò, si tratti di un modo tecnico molto importante, da cui ottenere parte dell’unità dei singoli libri. Non so se ogni lettore abbia notato come ciascun libro ha la caratteristica di un certo gruppo di appellativi e di versi ritornanti a lui riservati. Parrebbe che la materialità di certi gesti, di certe figure, di certi ritorni si colori, in questo modo, di poesia — sia pure mnemonica e cristallizzata — per nascondere la obbligata povertà inventiva. Che insomma il primo Greco abbia senz’altro sentita l’opposizione tra racconto e poesia, e si sforzi cosí — per il nostro gusto, ingenuamente — di colmarla. Va da sé che mutando libro muta pure ma non sempre, si capisce — il tono dei ritorni, data la singolare colorazione o se vogliamo, fissazione di ciascun libro.

Concludendo, un modo per ottenere l’unità, è la ricorrenza di certe formule liriche che ricreino il vocabolario, trasformando un appellativo o frase in semplice parola. Di tutti i modi di inventare la lingua (l’opera del poeta) questo è il piú convincente e, a pensarci, il solo reale. E spiega come in tutta quella parte dell’opera, dove ricorrano le formule uguali, circoli un’aria di unità: è lo stess’uomo — inventore — che parla.

23 febbraio.

Piú ci penso e piú mi appare notevole il fare omerico del libro-unità. A uno stadio, che tutto dovrebbe far supporre incline all’uniformità, si rivela invece il gusto dell’arazzo circoscritto e variegato, lo studio dell’unità differenziata. È, in realtà, uno scrittore di novelle variamente condizionate (l’amore, la passione eroica, l’avventura, la guerra, l’idillio, il ritorno, il mondo gaudente, il gusto sociale, la vendetta, l’ira, ecc.). In questo è come i consorti Dante e Shakespeare: potenti, favolosi costruttori che si deliziano del particolare, sentito fino allo svolazzo, che respirano tutta la vita a regolari e perfetti respiri quotidiani. Soprattutto, essi non sono gli uomini del grido improvviso e monotono, che erompe dall’esperienza e la sottintende e la unifica in una sensazione; ma veggenti benparlanti, tutti cose, tranquilli e impassibili suscitatori della varietà, i sornioni dell’esperienza, che la sfaccettano in figure come a gioco, finendo a sostituirla, astutissimi. Mancano soprattutto d’ingenuità.