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tempi (greci e Shakespeare). Per questo non ti piace la recitazione realistica, per questo le didascalie (descrizione dell’azione di scena) ti sono parse sempre assurde. Ti piace la messa in scena: è pittura, spettacolo, non teatro. È il passaggio al cinematografo, che racconta non dialettizza.

2 aprile. (a Roma)

Le parole che diranno saranno stilizzate. Il movimento sarà come un ballo. Il racconto non deve procedere per sviluppo naturalistico di casi ma per brusche mutazioni, di costruzione platonica. Bisognerebbe avere già tutto pronto come blocchi di granito tagliati, da disporre a volontà, non come un’altura da salire e descrivere a mo’ di cronaca.

Qualunque male succeda, meritiamo di meglio? Sempre contento, a esserci.

Linguaggio dall’alto.

Gli episodi non entrano vari come in un diario per casualità naturalistica, ma, ferma restando la colata interiore incessante e breath-taking, sono mutazioni significanti una molteplice realtà supertemporale.

25 aprile.

Il provincialismo in arte ha significato soltanto come riserva etica.

La «parola favola fantasia» del 31 agosto ’42 congiunta al reale fa ricordo: ecco il simbolo!

29 aprile.

Quando si càpita in un luogo nuovo — nuova regione, altra natura, altri usi, altre case e facce — molte viste mi colpiscono che,