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conviene ai signori? Non è vero che il vederti sarebbe la suprema mia felicità, quella oltre la quale non ne spero nè ne bramo alcun’altra in questo mondo? Si, Marianna mia, tutto questo è
vero, e pure io non vengo. Nella mia famiglia (cioè in che ne regge il freno) vi è tale antipatia al viaggiare, che più non puole essere; sicchè tanto è dire di fare un viaggio, quanto è dire a un asino che voli per la spaziosa via dell’aere. Mio fratello sarebbe lietissimo di conoscerti, e parleresti con lui di cose artistiche, chè egli si è fatto entusiasta di opere antiche e moderne di incisioni, disegnatori ecc., ed ammirerebbe i lavori tuoi e quelli di Ninì, e sopratutto ammirerebbe le rare vostre qualità, o care anime. Sempre egli si duole della vostra assenza da Bologna, nel suo soggiorno colà. Nulla io sapeva della lettera di Giordani1, anzi neppur sapeva s’ei fosse più vivo. Pur troppo conosceva l’ingiuria fatta al nostro diletto Giacomo, e lagrime di sdegno e di dolore mi piovevano dagli occhi a quella dolorosa lettura. Non dico di bramar di leggere quella risposta, sarebbe indiscretezza il pregarti a copiarla di nuovo; ma certo è stato un balsamo salutare il sapere che pur qualcuno ha saputo vendicar l’ingiuria fatta a chi ha tanto onore recato all’Italia ed è un italiano che scrisse quei fogli! Il di lui nome mi produce sempre un fremito d’indignazione impossibile a descrivere. Addio, cara, carissima. Guarda l’azzurro del cielo, e li trova conforto; non val più sperarlo su questa terra. Abbracciami ed amami,
- ↑ La lettera a Felice Carrone.