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bene ch’egli è tutt’altro che lieto, tutt’altro che sano?
Nina mia, è una situazione veramente terribile la nostra, la quale con tutta la smania di rivederlo, con la certezza che abbiamo che solo tra la sua famiglia può trovare quella tenerezza e quegl’immensi riguardi ch’esige il suo stato, non ci permette di poter desiderare ch’ei venga tra noi; no, noi non lo possiamo desiderare, chè sempre ci è dinanzi agli occhi il suo malcontento orribile, la sua disperazione! A causa della sua salute, e della debolezza degli occhi scrive rarissime volte, e brevemente assai; e con nessun’altro abbiamo relazione a Firenze per averne notizie frequenti, e perciò passiamo la vita sempre in incertezze, in dolori.
Che triste cosa è mai questo mondo, Nina mia, che cosa abbominevole, odiosa! Se andrete a Firenze, oh dite a Giacomo, anime mie, che così non possiamo vivere, che questo è un continuo dolore, una morte continua. Aspetto dall’amicizia, dalla tenerezza vostra dettagli esattissimi, così possiate darmi notizie consolanti. Vi abbraccio intanto, o mie care, colla più viva effusione di cuore, e vi raccomando di volermi bene.