Ringraziala poi della premura che ha avuto di scrivere a Fermo, e pregala ad iscusarmi se ho dovuto annoiare una occupata com’è essa in tutti i suoi momenti. Aspetterò ansiosamente di sapere ove ve n’andiate dopo finite le recite di costi; io spero che ve n’andrete a Firenze; ho gran bisogno che persona amica mi dia notizie vere e precise di mio fratello, sentite, ragazze mie, cosa ci è successo. Negli ultimi giorni del mese scorso, un signore, nostro parente strettissimo, scrisse da Roma alla sua casa di Recanati che nel miglior modo preparasse gli animi nostri a sentire una nuova terribile, quella (ho appena la forza di dirla) che il caro mio fratello Giacomo era agli estremi. Nina mia, furono scene di desolazione e di morte quelle che presentò la mia famiglia al sentire una tal notizia; furono giorni di agonia spasimante quelli che passammo prima che potessimo avere nuove da Firenze, che tutto era stato un sogno! Il nome di Vieusseux mi risuonerà sempre dolcissimo, e mi farà palpitare di consolazione tutte le volte che lo sentirò, poichè egli fu che si affrettò di rispondermi che vedeva Giacomo quasi tutti i giorni, e che niente poteva aver dato luogo ad un tal equivoco. No, non è mai possibile ch’io sappia dire cosa sentii al leggere quella lettera, cosa mi sembrasse la vita dopo quel momento. Ho riveduto poi i caratteri di Giacomo; ed egli si affretta a dirmi che non tema punto, poichè non può morire1: ma che consolazione è questa per me quando pur troppo dalle sue poche righe si vede
- ↑ Epist. lett. 520.