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xx. - Dunque ròndini, addio! | 205 |
E pensare che quando nove anni fa ti fabbricai con quei pìccoli risparmi, mi pareva che i mattoni che si posàvano sui mattoni, cementàssero anche una mia pìccola felicità con un pìccolo sole autunnale! Ed io dicevo al buon mastro: «fammi le mura ben grosse, ben sòlide». Ora io dico: «Casetta, perchè non crolli, tu? pìccola casa sul mare, perchè non ti venne l’eccellente idea di crollare quando è venuto quell’uomo nero del fisco?». L’uomo del fisco che guardava e diceva: «Ma questa casa è una fortezza, un màstio, una rocca! Lei ha fabbricato senza rispàrmio! Oh, anche belle pitture! E quell’indivìduo lassù, sul soffitto, col cappùccio rosso e una rosa in mano, chi è?».
«Dante», risposi io, pensandomi con quel nome di commuovere il cuore del fisco.
Ma l’uomo del fisco piegò in giù le labbra come per dire: «che lusso!».
Perchè non crollasti quel giorno, pìccola casa? Soffitto con Dante dipinto, perchè non precipitasti?
Io la fabbricai la pìccola casetta — sì è vero — per mia pace e de’ miei, e questo è un lusso, lo riconosco; ma anche